Elena Aprile | Intervista a Elena Aprile, della Columbia University di New York, coordinatrice dell'esperimento XENON1T, inaugurato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell'INFN

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THE BIGGEST DARK MATTER TRAP

Interview with Professor Elena Aprile, from Columbia University in New York, Spokesperson of the XENON1T experiment, inaugurated at the Gran Sasso National Laboratories (LNGS) of INFN

elena lukev

È partita ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell'INFN una nuova impresa scientifica, l'esperimento XENON1T. Il progetto è ambizioso: capire che cosa ci nasconde ancora l'universo. Circa un quarto di ciò che compone il cosmo, infatti, è costituito da un tipo di materia la cui natura è ancora ignota: la materia oscura. I fisici sanno che esiste, che circonda ad esempio la Via Lattea come una fitta nebbia, ma non sanno com'è fatta. Come gli esploratori del passato, in cerca di un continente sconosciuto, le stanno dando la caccia ovunque. Innanzitutto nello spazio, con l'Alpha Magnetic Spectrometer (AMS), il cosiddetto Hubble delle particelle elementari, ancorato alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) come una scialuppa di salvataggio. Ma anche al CERN di Ginevra, con il superacceleratore Large Hadron Collider (LHC). E nei principali laboratori sotterranei del mondo, a partire dai LNGS. 

Ci siamo fatti raccontare da Elena Aprile, della Columbia University di New York, spokesperson di XENON1T, perché il nuovo esperimento appena inaugurato ai LNGS ha le carte in regola per avere successo in questa difficile impresa. 

Come nasce l'idea di XENON1T e come opera l'esperimento?

Il progetto XENON ha avuto inizio a dicembre del 2002 e, a regime, sarà il più sensibile per la ricerca diretta di materia oscura. XENON1T - ospitato nei LNGS dell'INFN, sotto 1400 metri di roccia che schermano gli esperimenti dalla pioggia incessante di raggi cosmici - è il terzo di una serie di rivelatori del progetto XENON, dopo XENON10 e XENON100. I rivelatori delle tre generazioni di XENON sono basati sulla tecnologia della Camera a Proiezione di Tempo (TPC), che utilizza lo xenon sotto forma liquida e gassosa. Quando una particella rilascia energia nello xenon, si produce sia eccitazione che ionizzazione degli atomi. L'eccitazione genera un primo segnale luminoso grazie alla scintillazione, mentre a causa della ionizzazione si liberano elettroni che vengono portati da un opportuno campo elettrico fino alla regione gassosa, dove sono accelerati per creare un secondo segnale luminoso. Entrambi i segnali sono poi rivelati da due gruppi di fotomoltiplicatori, 248 sensori in totale, posti sopra e sotto al volume di xenon.

Perché usare lo xenon? Che cosa rende questo elemento adatto alla ricerca della materia oscura?

Lo xenon è un gas nobile, e in quanto tale è facilmente separabile da contaminazioni di altri elementi radioattivi. Inoltre, allo stato liquido è tre volte più denso dell'acqua, e questo permette di utilizzarlo efficacemente come schermo rispetto alla radiazione esterna. Infine, ha ottime caratteristiche come rivelatore, perché ha sia proprietà di scintillazione - emissione di luce quando eccitato da un rilascio di energia - che di ionizzazione fra le migliori per quanto riguarda i vari gas nobili.

Sono in tanti a cercare la materia oscura: in che cosa XENON1T si differenzia da altri esperimenti, al CERN o a bordo dell'ISS?

E' certamente un momento molto esaltante per la ricerca della materia oscura, alla luce dei vari esperimenti dedicati a rivelarla. E' fondamentale condurre la ricerca in modalità differenti e fra loro complementari. Con esperimenti come XENON1T, infatti, si utilizza la cosiddetta modalità diretta, per osservare l'interazione delle WIMP (Weakly Interactive Massive Particles) - nome con cui i fisici indicano uno dei candidati più favoriti per costituire la materia oscura - con i nuclei dei materiali del rivelatori. AMS, posto sulla ISS, cerca, invece, segnali di anti-particelle generate nell'annichilazione di WIMP nella galassia. Negli acceleratori di particelle, come LHC al CERN, si cerca tramite la collisione di protoni di altissima energia di osservare la produzione di nuove particelle che possano soddisfare le caratteristiche della materia oscura. Quali sono, invece, le differenze con i predecessori XENON10 e XENON100? La differenza principale riguarda le dimensioni del rivelatore e, di conseguenza, anche la massa di xenon presente al suo interno. Questo incremento - di circa un fattore 10 per ogni fase del progetto XENON - permette di aumentare la massa bersaglio per l'interazione delle WIMP, ma anche di diminuire il livello di fondo, in quanto le radiazioni più pericolose provengono dai materiali esterni. Con un rivelatore più grande, quindi, le radiazioni esterne sono schermate da uno strato maggiore di xenon.

Come fanno i fisici dei LNGS a cercare qualcosa di cui non si conosce ancora l'aspetto, come nel caso della materia oscura? Non è un po' come brancolare nel buio?

E' vero che non si conoscono i dettagli delle particelle che compongono la materia oscura, ma le varie indicazioni sperimentali che vengono dalla cosmologia e dall'astrofisica permettono di delineare con chiarezza le caratteristiche generali di queste particelle: devono essere dotate di massa, e interagire solo debolmente. Inoltre, anche la loro abbondanza è nota con buona precisione. Gli esperimenti sono, quindi, progettati per rivelare particelle con queste caratteristiche. Sappiamo di cercare un segnale debole e raro, un vero e proprio ago in un pagliaio, ma siamo al tempo stesso speranzosi di riuscire a vincere questa sfida.

Che cosa vi aspettate di trovare esattamente con XENON1T?

E se l'esperimento non dovesse vedere nulla? Il candidato più comunemente cercato è la WIMP, che produce una interazione sui nuclei del rivelatore. In XENON è possibile distinguere fra interazioni nucleari, che rappresentano il segnale, ed elettromagnetiche, che sono invece un fondo. L'interazione di una WIMP è, quindi, riconoscibile con una buona probabilità. Ci sono, però, alcuni modelli che ipotizzano che la materia oscura possa avere anche interazioni con gli elettroni dello xenon. Anche in questo caso con XENON1T la ricerca è possibile, grazie al fondo molto basso presente nella parte centrale del rivelatore. Se non si dovesse rivelare nulla, avremo comunque definito con precisione quali sono le proprietà che la materia oscura non possiede, ponendo per esempio un limite superiore alla loro sezione d'urto d'interazione. L'esperimento XENON1T potrebbe fornire un range di massa per le WIMP non ancora accessibile agli acceleratori. In questo senso, anche non osservare nulla sarebbe comunque un risultato.

Quando inizierà la presa dati di XENON1T? Qual è il futuro dell'esperimento?

L'assemblaggio del rivelatore è stato completato in questi giorni. Ora inizia la fase di rodaggio, dove tutti i componenti, che sono già stati controllati separatamente, saranno verificati nella configurazione finale. Nel giro di pochi mesi, quindi, saremo pronti per il run scientifico vero e proprio. Con una settimana di dati saremo in grado di raggiungere la sensibilità degli esperimenti attuali, mentre ci serviranno circa due anni di dati per raggiungere la sensibilità di progetto dell'esperimento. Siamo, comunque, già pronti ad aumentare ulteriormente le dimensioni del rivelatore, utilizzando quasi completamente tutte le strutture ausiliarie sviluppate per XENON1T, per portarlo a una quantità doppia di xenon. Il nuovo rivelatore si chiamerà XENONnT. Con il progetto XENON ci piacerebbe essere i primi a capire cosa ci nasconde l'universo.

NOVEMBRE 2015