Caterina Biscari | Intervista a Caterina Biscari, ricercatrice INFN, dal 2012 direttore generale del laboratorio Alba Synchrotron di Barcellona

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ECCELLENZA ITALIANA AL SERVIZIO DELLA RICERCA GLOBALE

Intervista a Caterina Biscari, ricercatrice INFN, dal 2012 direttore generale del laboratorio Alba Synchrotron di Barcellona

Dal 2012, a capo della più grande e innovativa infrastruttura scientifica della penisola Iberica c’è un’eccellenza italiana. Dirigente Tecnologo dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, laureata in fisica all’Università Complutense di Madrid, Caterina Biscari è nata in Italia, a Modica, e in Italia è tornata dopo gli studi per dare avvio alla sua carriera scientifica. Il laboratorio che dirige da 7 anni, il Sincrotrone Alba, si trova nel parco scientifico di Cerdanyola del Vallès, a 15 chilometri da Barcellona: un laboratorio dalla forte vocazione internazionale, dedicato alla ricerca di base e alla sua applicazione in campi che spaziano dall’innovazione tecnologica alla medicina. Esperta riconosciuta a livello internazionale di acceleratori di particelle per la ricerca scientifica e le applicazioni mediche, prima di passare alla direzione del Sincrotrone Alba, Caterina Biscari ha lavorato anche al CERN di Ginevra e al CNAO di Pavia, il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica il cui acceleratore è stato realizzato con il contributo fondamentale dell’INFN e dei suoi ricercatori. È Fellow dell'European Physical Society, membro di diversi comitati tra cui lo Scientific Policy Committee del CERN, lo Scientific Advisory Committee di KEK, il PSI Advisory Board. Nel 2013 è stata insignita dalla Presidenza della Repubblica Italiana dell’onorificenza ufficiale dell’Ordine della Stella per il suo ruolo nello sviluppo di collaborazioni tra l’Italia e gli altri Paesi. Le abbiamo chiesto di raccontarci come sta andando e come vede il futuro del suo laboratorio.

Innanzitutto, vorrei sapere come è andata: dalla ricerca in Italia alla direzione del più prestigioso laboratorio scientifico di Spagna. Non sembra un percorso per tutti.

Come in tutti i percorsi della vita c’è sempre una combinazione di iniziativa personale e di opportunità che arrivano al momento giusto. Durante la mia vita scientifica ho sempre mantenuto l’interesse nei progetti che si proponevano in Spagna basati su acceleratori di particelle. Nel 2012, ad ALBA hanno aperto la posizione di direttore con un concorso internazionale, al quale ho partecipato con successo. Quindi sono stata nominata “directora”, della qual cosa ho subito apprezzato l’uso della parola al femminile. Voglio ringraziare la Spagna, ALBA e il suo Council che mi hanno offerto la possibilità di dirigere un fantastico gruppo di persone e di raccogliere i frutti del lavoro precedente di costruzione e messa a punto di tutti i sistemi. La mia prima visita ad ALBA, subito dopo la designazione, è coincisa con il giorno in cui il primo utente ufficiale iniziava la raccolta dati su una linea di fascio del sincrotrone, dando così il via al periodo di utilizzazione delle beamline. Il mio compito iniziale è stato quindi quello di organizzare e consolidare l’operazione, sia dal punto di vista del funzionamento dei sistemi tecnologici sia dei servizi agli utenti, per poi passare allo sviluppo e alla crescita dell’infrastruttura e delle sue linee scientifiche. Ora siamo nel processo di definire su quali tecnologie vogliamo investire nel prossimo futuro con la costruzione di nuove beamline, basandoci sulle nostre capacità, su quelle della comunità di utenti nazionali e internazionali e, soprattutto, sui bisogni e le sfide della società del futuro.

Il CERN insegna che la ricerca in fisica con gli acceleratori di particelle, ma anche con altri strumenti, è sempre più globale e condivisa: fatta di grandi collaborazioni e basata sullo scambio di conoscenze, metodi e innovazioni tecnologiche. Com’è la comunità scientifica di ALBA e come si relaziona con il resto del mondo?

ALBA è una infrastruttura di ricerca e una user facility, finanziata dal governo spagnolo e dal governo regionale della Catalunya in egual misura. Pur essendo un progetto nazionale ha una chiara vocazione internazionale. Della comunità scientifica di ALBA, composta attualmente da 220 persone, il 25% proviene da fuori della Spagna e la comunità estera più rappresentata è proprio quella italiana. Inoltre, le beamline di Alba sono utilizzate da un numero sempre crescente di ricercatori, che l’anno scorso ha raggiunto quota 2200, con un 35-40% proveniente da istituzioni estere. Dal 2012 a oggi abbiamo ricevuto nei nostri laboratori ricercatori provenienti da 35 paesi diversi. E, infine, una parte essenziale della nostra attività è lo sviluppo di programmi di ricerca e di tecnologia in collaborazione con altri enti e centri di ricerca. In questo ambito, le nostre collaborazioni sono dominate dai programmi intrapresi con le infrastrutture simili, soprattutto europee, attraverso progetti congiunti presentati alla comunità europea, o progetti di collaborazione su una linea scientifica specifica.Siamo tra gli attori principali di LEAPS (League European of Accelerator-based Photon Sources), che include circa una ventina tra sincrotroni e FELs (Free Electron Lasers) europei. Il network è nato con la missione strategica di unificare i mezzi e le specializzazioni di ogni singola struttura, in modo da ottimizzare le capacità scientifiche e tecniche in ogni paese e offrire agli utenti europei strumenti e servizi completi e compatibili. L’anno prossimo avrò l’onore di essere chair di LEAPS e, quindi, la voce di una comunità europea che include circa 40.000 ricercatori impegnati nel dare risposta a quelle che sono le sfide della nostra società, in termini di salute, energia, alimentazione, nuovi materiali, big data, e molto altro. E voglio infine menzionare la nostra collaborazione con il CERN, dedicata in particolare allo sviluppo dei futuri acceleratori, da FCC, a CLIC fino a CompactX, e naturalmente con l’INFN.

Tra i settori di punta del laboratorio quali ritiene siano i più promettenti?

Avete stabilito una gerarchia, ad ALBA, tra ricerca di base e ricerca applicata?Una sorgente di luce di sincrotrone è maggiormente dedicata alla ricerca applicata, anche se molto spesso la linea di demarcazione tra i due tipi di ricerca è poco definita. La gerarchia tra le centinaia di proposte di esperimenti che i ricercatori presentano alle nostre call for proposal è stabilita in base alla loro eccellenza scientifica, che è valutata da comitati esterni di esperti internazionali e permette di selezionare gli esperimenti che saranno effettuati: in media, circa la metà di quelli proposti. Come esempio di interazione tra ricerca applicata e di base posso citare il campo del nanomagnetismo, che si sviluppa in tre delle nostre beamline, complementando diverse tecniche di interazione luce-materia. Si studiano materiali per le applicazioni di computing, di spintronica, superconduttori ad alta temperatura critica, e molti altri per diversi utilizzi. Ma, per tornare alla domanda sul raporto tra fisica di base e applicata, quando di studiano le immagini delle proprietà magnetiche delle superfici, o dei momenti magnetici in strati di materiale sottilissimi, di poche decine di nanometri, o degli skyrmions (formazioni topologiche di vortici magnetici a livello atomico), queste rispondono a domande di fisica fondamentale, aumentando la conoscenza anche teorica nel campo dei materiali magnetici. Un altro campo in cui gli attuali strumenti di ALBA eccellono è lo sviluppo di nuovi farmaci, grazie a una linea basata su un microscopio a trasmissione, dove si ottengono immagini in 3D di cellule con risoluzione di poche decine di nanometri e che complementa la linea diffrazione di macromolecole, dove si studiano le strutture delle proteine con risoluzione atomica. Si tratta di una delle tre/quattro linee di questo tipo esistenti al mondo, a disposizione della comunità di ricerca a livello globale.Voglio inoltre citare le applicazioni nel settore della catalisi chimica, essenziale per lo sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale, un campo di ricerca per lo sviluppo del quale ci avvaliamo anche della collaborazione di istituti di ricerca spagnoli tra i più riconosciuti nel mondo. E, infine, gli sviluppi nel settore dei materiali per l’energia, per la realizzazione di celle solari o di batterie.In definitiva, sono estremamente diversificati gli oltre 1.500 esperimenti che si sono svolti durante questi primi anni di operazione di Alba, con ricercatori provenienti da migliaia di istituti di ricerca e università.

 Il laboratorio ALBA è impegnato in numerose attività di diffusione della cultura scientifica.Che ruolo attribuisce alla didattica, in generale, e alla formazione scientifica precoce, più in particolare?

Penso che noi scienzati abbiamo una forte responsabilità nella divulgazione del valore della scienza. Siamo chiamati a partecipare alla formazione dei diversi attori della società. Il nostro messaggio deve arrivare ai politici, ai media, al pubblico che si avvicina a noi attraverso le attività che organizziamo regolarmente, ma soprattutto dobbiamo cercare di arrivare a coloro che non hanno la curiosità di sapere cosa si nasconde dietro la porta di un laboratorio di ricerca. Convincerli che senza ricerca, senza un impegno del Paese per la ricerca, non c’è futuro.Voglio portare a esempio un progetto ideato dall’ufficio comunicazione del nostro laboratorio, il progetto “Mision ALBA”: un progetto sviluppato via web e rivolto ai bambini tra i 9 e gli 11 anni di scuole distribuite in tutta la Spagna. Abbiamo organizzato quattro semplici esperimenti che i maestri possono realizzare facilmente nelle loro aule, guidati dai nostri ricercatori e con la possibiltà di collegarsi direttamente a noi. In questo modo abbiamo raggiunto 250 maestri e più di 7.000 bambini che oggi sanno - perché hanno lavorato con noi e hanno visto i nostri video - che esistono i sincrotroni e che sono utili per lo sviluppo di nuovi farmaci, o di nuovi materiali per construire le batterie o per restaurare i nostri tesori archeologici. Abbiamo istituito come premio una nostra visita alla scuola vincitrice: tre dei nostri giovani ricercatori sono andati in una scuola di Guadalupe, un paesino di 2000 abitanti dell’Estremadura, dove sono stati accolti come eroi. L’anno prossimo, nella seconda edizione, amplieremo il progetto per coinvolgere fino a 20.000 studenti. D’altra parte, penso che ai bambini e ai giovani la scuola debba dare una formazione completa, che includa quella scientifica di base, ma che non dimentichi la formazione umanistica, la storia, la filosofia. Queste conoscenze sono necessarie per formare un individuo e dotarlo di capacità critica, in modo che sappia riconoscere, tra le altre cose, come la tecnologia può contribuire allo sviluppo dell’umanità, ma sempre con l’attenzione posta sull’essere umano.

In tutti i settori del lavoro si sta dedicando oggi grande attenzione al tema della parità di genere. L’essere donna ha condizionato, nel bene o nel male, il suo percorso?

Come incentiva le sue ricercatrici più giovani a scardinare pregiudizi e insicurezze acquisite?

L’essere donna difficilmente condiziona positivamente un percorso lavorativo in un ambiente ad altissima prevalenza maschile. In alcuni paesi si sono sviluppate, oltre all’attenzione al tema della parità di genere, delle politiche attive in questo senso. La Spagna è sicuramente più avanti rispetto all’Italia nel non discriminare in base al genere, come ho potuto sperimentare personalmente, anche se c’è ancora molta strada da fare.Comunque, durante la mia carriera non ho sperimentato grandi ostacoli per il fatto di essere donna. Gli ostacoli si superano con tenacia e lavoro, senza riflettere troppo sul fatto che possano essere dovuti all’essere donna e con la consapevolezza che talvolta le circostanze li rendono inevitabili. Una volta rotto questo soffitto di cristallo, si ottiene un riconoscimento che, a volte, è anche reso eccessivo dal fatto di essere donna: siamo così poche che siamo spesso trattate come se fossimo speciali. Questo non significa che non si presentino episodi di natura maschilista, di fronte ai quali è certamente più facile fare un sorriso quando si è raggiunta l’età matura o una posizione riconosciuta. Il mio consiglio alle giovani ricercatrici è di non avere paura, di impegnarsi per perseguire i loro sogni e di fare gentilmente notare l’inopportunità di certi atteggiamenti. Io spero che la mia posizione, che gode di una certa visibilità, serva di esempio alle ragazze, alle bambine. Il modello di ruolo ancora prevalente per la donna spinge spesso le ragazze a scegliere attività che siano di servizio, di aiuto agli altri: è comune l’attrazione verso mestieri come la maestra, il medico, o altri che implichino il prendersi cura di qualcuno. Il mio messaggio è che essere scienziate, ingegneri, esperte in sistemi informatici è un modo perfetto per contribuire allo sviluppo della società. Sono inoltre mestieri bellissimi, che consentono anche di divertirsi e di trovare gratificazioni personali: è quindi nostro diritto, e dovere, accedervi.