LE GRANDI INFRASTRUTTURE DI RICERCA PROTAGONISTE DEI TEMI DEL G7

fabio favaIntervista con Fabio Fava, professore ordinario della Scuola di Ingegneria dell’Università di Bologna e Senior Official del MUR per la presidenza italiana del G7 Science and Technology

Si è tenuta in Sardegna, a Oliena, in provincia di Nuoro, dal 28 al 30 ottobre la G7 Conference on Large Research Infrastructures. Synergies and impact on science and society, che ha riunito i delegati ministeriali dei Paesi del G7 e i rappresentanti di istituzioni politiche e scientifiche europee e mondiali per due giorni di lavori sul tema delle infrastrutture di ricerca. La conferenza è stata promossa dal MUR Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito della Presidenza Italiana del G7, ed è stata organizzata in collaborazione con l’INFN. L’evento si è aperto con i saluti e gli interventi istituzionali del Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, della Presidente della Regione Autonoma della Sardegna Alessandra Todde, del presidente dell’INFN Antonio Zoccoli, della presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Maria Chiara Carrozza che coordina l’iniziativa Research 7+, del rappresentante dell’OCSE Carthage Smith, e dei delegati dei Paesi G7. La conferenza, articolata in sessioni plenarie e parallele che prevedevano entrambe ampio spazio alla discussione, si proponeva come un momento di confronto sul ruolo delle grandi infrastrutture di ricerca nell’affrontare le grandi sfide contemporanee, considerando il loro impatto a livello scientifico, economico, sociale e geopolitico. Abbiamo parlato della conferenza e dei principali temi affrontati ed emersi dai lavori con Fabio Fava, professore ordinario della Scuola di Ingegneria dell’Università di Bologna e Senior Official del MUR per la presidenza italiana del G7 Science and Technology.  

Perché il MUR si è fatto promotore nell’ambito G7 di una conferenza sulle grandi infrastrutture di ricerca?
Le grandi infrastrutture di ricerca sono motori fondamentali per lo sviluppo scientifico, tecnologico, sociale ed economico dei nostri Paesi. Sono luoghi nei quali si conduce, si valida e si trasferisce di scala la ricerca avanzata, in molteplici campi. Innescano innovazione, consentono la nascita di startup visionarie e, allo stesso tempo, offrono enormi opportunità per i territori. Accolgono le nuove generazioni di ricercatori e ricercatrici, provenienti da tutto il mondo, che qui si ritrovano per perseguire un obiettivo condiviso. Servono come base per l’innovazione tecnologica e la competitività industriale favorendo la crescita di settori strategici, mettono a sistema le risorse, promuovono le sinergie e la multidisciplinarietà, contribuiscono a gestire le emergenze globali, come salute pubblica, cambiamenti climatici, transizione ecologica ed energetica. Inoltre, promuovono l’inclusione sociale, la diplomazia scientifica e la creazione di una società più equa e resiliente. Le grandi infrastrutture di ricerca svolgono, dunque, un ruolo cruciale in un panorama globale in rapida evoluzione.
Alla luce della loro rilevanza, l’Italia ha adottato una propria strategia nazionale a sostegno delle grandi infrastrutture di ricerca con un investimento, dal 2010 ad oggi, di oltre 2 miliardi e mezzo di euro, di cui 1,5 provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’obiettivo è promuovere sul territorio italiano la creazione e il potenziamento di infrastrutture di eccellenza, di livello anche internazionale. Un esempio è il Tecnopolo di Bologna, un’infrastruttura frutto di una collaborazione virtuosa fra la Regione Emilia-Romagna, il Paese e l’Unione Europea, che oggi è già punto di riferimento in Europa grazie al supercomputer Leonardo del CINECA, uno dei più potenti al mondo, il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF) e il Centro Nazionale di calcolo dell’INFN (CNAF). Altro esempio è il Gran Sasso Science Institute, un centro di ricerca e formazione di livello internazionale, fondato dopo il terremoto dell’Aquila del 2009, che sta contribuendo a ricostruire il tessuto socioeconomico della regione. Dunque, le grandi infrastrutture di ricerca concorrono anche alla rigenerazione di aree svantaggiate e allo sviluppo regionale, nazionale e internazionale.
Per tutte queste ragioni, l’Italia è fortemente impegnata nella promozione della candidatura della Sardegna a ospitare il futuro rivelatore di onde gravitazionali, l’Einstein Telescope, una delle principali infrastrutture di ricerca che saranno realizzate in Europa nei prossimi anni, riconosciuta anche dallo European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI).

Durante la conferenza, sono stati affrontati alcuni aspetti cruciali per le infrastrutture di ricerca, quali sono i principali temi emersi nei lavori e nelle discussioni?
È stato anzitutto presentato il rapporto “Grandi infrastrutture di ricerca del G7: sinergie e impatto su scienza e società”, commissionato dalla Presidenza italiana a un importante think tank nazionale, The European House – Ambrosetti. Il rapporto fornisce approfondimenti sull’impatto scientifico, economico, sociale e geopolitico delle grandi infrastrutture di ricerca, in particolare nei paesi del G7, e delinea le prospettive auspicate per le grandi infrastrutture di ricerca da rappresentanti delle comunità scientifiche, degli istituti di ricerca e delle agenzie finanziatrici, e delle imprese innovative degli stessi Paesi.
Sono stati inoltre discussi i vantaggi socioeconomici delle grandi infrastrutture di ricerca, quali facilitatori di nuova conoscenza e della formazione di giovani generazioni di scienziate e scienziati, generatori di dati di ricerca FAIR (Findable, Accessible, Interoperable e Reusable) di alta qualità e di trasferimenti tecnologici strategici per l’industria e i territori.
Si è parlato del ruolo delle grandi infrastrutture di ricerca come catalizzatori di nuove collaborazioni internazionali, di interconnessioni tra i vari Paesi e di diplomazia scientifica, e come patrimonio condiviso senza confini, dove chi partecipa contribuisce apertamente con le proprie risorse e competenze.
Infine, attraverso dei workshop dedicati, si è discusso su come migliorare la gestione delle grandi infrastrutture di ricerca, condividendo le migliori pratiche già validate nelle esperienze dei paesi G7, come intensificare la cooperazione tra le infrastrutture di calcolo per facilitare la messa a punto e l’implementazione di soluzioni di intelligenza artificiale per la salute delle persone e dell’ambiente, e come costruire una rete globale di infrastrutture di ricerca per l’astronomia multimessaggera, nuovo pilastro strategico dell’esplorazione cosmica.
La conferenza ha poi offerto l’opportunità di presentare la proposta italiana di ospitare l’Einstein Telescope nell’area della ex miniera di Sos Enattos: delegate e delegati dei paesi G7 e rappresentanti internazionali hanno visitato le strutture sotterranee dove già sono in corso attività scientifiche per la caratterizzazione del territorio, e il Laboratorio SAR-GRAV in superficie con l’esperimento di fisica fondamentale attualmente in corso Archimedes.

Quali sono i principali esisti della conferenza e il messaggio verso ICRI 2024, l’International Conference on Research Infrastructures che si terrà in Australia dal 3 al 5 dicembre prossimi?
La conferenza ha confermato il ruolo strategico delle grandi infrastrutture di ricerca, ma anche la necessità che queste siano sempre più interconnesse perché, pur in un contesto di competitività internazionale, possano cooperare maggiormente a livello dei paesi G7 e anche oltre, per essere più funzionali, sostenibili, resilienti e meglio aggiornate per la gestione delle nuove sfide. La condivisione di best practice comprovate, come quelle annesse all’accesso degli utenti agli strumenti e ai dati archiviati, la remotizzazione dei servizi all’utenza, la gestione dell’energia e dell’impatto ambientale, la pianificazione di aggiornamenti e l’internazionalizzazione, sono tutte azioni fondamentali per le grandi infrastrutture che sono possibili solo se queste ultime sono connesse. Una connessione fra infrastrutture di calcolo, per esempio, consente di gestire nel modo più opportuno il potenziale dell’Intelligenza Artificiale per il bene pubblico, e di salvaguardare i valori universali della ricerca finanziata con fondi pubblici e della conoscenza e innovazione FAIR.
Questi temi saranno presentati nell’ambito dell’ultimo incontro promosso dall’Italia tra gli sherpa della nostra Presidenza G7 Science & Technology, e saranno fra le priorità strategiche del prossimo anno di attività G7 guidato dal Canada.

Che cosa ha riguardato lo studio di European House – Ambrosetti e quali sono gli aspetti più interessanti che sono emersi?
Lo studio G7 Large Infrastrutture di ricerca: sinergie e impatto su scienza e società, condotto dal Gruppo TEHA su richiesta del MUR e dell’INFN, con il supporto di Hewlett Packard Enterprise, ha prodotto una nuova e aggiornata conferma che le grandi infrastrutture di ricerca rappresentano un elemento fondamentale per la creazione di nuova conoscenza e per il suo trasferimento, e per il progresso scientifico a lungo termine in un mondo che spesso dà priorità ai guadagni a breve termine e ai rapidi cicli di innovazione. Le infrastrutture di ricerca assicurano la scala, le risorse e le piattaforme necessarie per rimodellare interi settori e affrontare future sfide, offrendo continuità e lungimiranza e garantendo progressi ben oltre le tendenze immediate. Tuttavia, esiste un sostanziale divario nelle potenzialità e negli impatti tra infrastrutture di ricerca, dovuto anche all’unicità e alla complessità di ciascuna di esse, per superare il quale serve aumentare la collaborazione in modo da massimizzare il ritorno nella competitività scientifica e tecnologica. Condividendo un unico insieme di valori, come trasparenza, buona governance e impegno verso pratiche di ricerca etiche, le grandi infrastrutture si posizionano come leader naturali nel promuovere una più estesa e profonda collaborazione internazionale in grado di favorire equità e stabilità su scala globale.

Quali sono state le principali iniziative promosse dal MUR nell’anno di presidenza italiana del G7, e come si inserisce nel loro contesto la conferenza sulle infrastrutture di ricerca?
Le grandi infrastrutture sono state considerate dai Ministri dei Paesi G7 e dalla Commissione EU cruciali per la generazione sicura di dati di ricerca FAIR di alta qualità, ma anche per l’acquisizione, la valutazione e l’elaborazione dei risultati della ricerca e per la loro condivisione su scala globale, tutelandoli da usi impropri o abusi: “Research Security and Integrity, Open Science, and Science Communication” è la prima priorità del comunicato G7 Science & Technology.
Le infrastrutture di ricerca consentono di migliorare, implementare e valutare l’adozione delle tecnologie emergenti, ad esempio l’intelligenza artificiale, le tecnologie quantistiche o le biotecnologie, come soluzioni e strumenti avanzati per la creazione di nuova conoscenza: “Research on New and Emerging Technologies” è un’altra priorità centrale del comunicato G7. Le grandi infrastrutture permettono di sviluppare, implementare e testare soluzioni avanzate per monitorare e preservare la salute e la produttività dei mari e degli oceani, altra priorità del comunicato G7 (“Seas, Ocean, and their Biodiversity”), ma anche prevenire, monitorare, e gestire eventi ambientali avversi ed estremi, così come le pandemie, e di investire per l’innovazione in campo energetico (“Nuclear Fission and Fusion Energy”).
Le grandi infrastrutture possono rafforzare la cooperazione con i paesi in via di sviluppo, il continente africano e la regione mediterranea, contribuire alla ricostruzione dell’Ucraina, ad esempio facilitando lo scambio di giovani ricercatori e talenti (“Research and Innovation Cooperation with Africa”).
Le grandi infrastrutture di ricerca hanno dunque un ruolo centrale nel G7 Science&Technology di quest’anno come facilitatori dell’innovazione basata sulla scienza, sostenibile e saggia, la preservazione, il ripristino e la rigenerazione del nostro pianeta e il benessere delle nostre comunità, insieme alla formazione delle giovani scienziate e dei giovani scienziati, perché la diplomazia scientifica e la cooperazione peer-to-peer tra ricercatori sono tra gli strumenti più nobili ed efficaci per promuovere un dialogo tra i paesi in un mondo colpito da crescenti conflitti.

 

fotografia©The European House - Ambrosetti

 

 

 

 

 

 

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