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OLTRE LA RICERCA

Intevista a Speranza Falciano, vicepresidente dell’INFN e referente per il Trasferimento Tecnologico (TT) della giunta esecutiva dell’Ente.

elena lukev

In quanto Ente Pubblico di Ricerca, l'INFN esercita il suo mandato affiancando alla ricerca di base la missione di trasferire conoscenza e tecnologie utili alla società. Questo avviene nella forma diretta della comunicazione e del public engagement e attraverso iniziative di trasferimento tecnologico, grazie alle quali il know how acquisito dall'ente nella propria attività di ricerca viene trasmesso allo sviluppo di tecnologie che trovano una più ampia applicazione.

Com’è strutturata l'attività di trasferimento tecnologico dell’INFN?

La strategia dell’INFN per il trasferimento tecnologico si basa soprattutto sulla valorizzazione di idee e tecniche innovative che nascono nell’ambito della ricerca di base. Il passo successivo consiste nel tentare di facilitare e accelerare i processi che guidano lo scambio di conoscenza fra il mondo della ricerca e la società, sia essa intesa come mondo delle imprese o come altro destinatario possibile delle applicazioni, consentendo così alle nuove tecnologie di tradursi in beni e servizi fruibili dalla collettività. Per raggiungere questo scopo l’INFN, costituito di diverse strutture sparse sul territorio nazionale, si è dotato di un’organizzazione ad hoc che copre aspetti di carattere amministrativo-giuridico e di carattere scientifico-tecnologico. Questa organizzazione coordinata da un comitato d’indirizzo, il Comitato Nazionale di Trasferimento Tecnologico (CNTT), il cui collegamento con gli organi direttivi centrali è assicurato da un membro della Giunta Esecutiva, che assiste costantemente alle riunioni. Il Comitato è supportato operativamente dall’Ufficio di Trasferimento Tecnologico (UTT), che cura aspetti amministrativi e di sostegno operativo ai ricercatori ed è potenziato da risorse umane qualificate con diversi profili di competenza (giuridico/brevettuale, economico, tecnologico), propri di un settore con forti caratteristiche d’interdisciplinarietà. Il trasferimento tecnologico coinvolge in primis i ricercatori.

Come partecipano alle decisioni strategiche?

L’INFN ha posto molta cura e impegno nell’organizzazione e formazione dei cosiddetti Referenti Locali del trasferimento tecnologico, uno o due per struttura INFN, che si occupano della sensibilizzazione della rete scientifica e forniscono i primi feedback ai ricercatori che chiedono supporto e chiarimenti sulle modalità di valorizzazione della loro ricerca. A partire dal settembre 2012, sono organizzati incontri periodici ai quali partecipano i Referenti Locali e i membri del CNTT. La formazione è considerata un momento di comunicazione e condivisione delle linee guida del trasferimento tecnologico e dei feedback sui risultati raggiunti. Infine, la formulazione di specifici regolamenti approvati dal Consiglio Direttivo dell’INFN ha dato un importante contributo allo sviluppo delle attività di trasferimento tecnologico stabilendo un set di regole sulle modalità di valorizzazione della ricerca condotta. Essendo parte della missione dell'Ente, la diffusione delle competenze è in qualche modo un atto dovuto.

Chi ne beneficia?

La ricerca di base necessita di tecnologie avanzate che in molti casi non fanno ancora parte del know-how industriale e che richiedono soluzioni innovative. La ricerca di tali soluzioni fornisce continuamente occasioni di trasferimento tecnologico al tessuto sociale e industriale, in particolare permette di trasferire all’Industria un patrimonio di competenze che rende le nostre imprese più innovative nel mercato mondiale. L’avvalersi di partner industriali fortemente qualificati permette poi all’INFN di essere competitivo nelle collaborazioni internazionali alle quali partecipa per realizzare le complesse strumentazioni di cui necessita la nostra ricerca, e questo è sicuramente un esempio di ritorno che ci giova. Più in generale penso che sia fondamentale incoraggiare e spendersi per la “Terza Missione” per radicare nella società l’idea della ricerca come mezzo indispensabile per la modernizzazione e la competitività del Paese. Anche questo è un ritorno importante che impatta sui finanziamenti e sulle capacità di trasferimento del nostro know-how .

Quali gli esempi più significativi di relazione fruttuosa tra INFN e il mondo dell'impresa?

Un eccellente esempio di come le tecnologie di frontiera necessarie alla ricerca dell'INFN abbiano prodotto delle ricadute importanti sull'industria nazionale in termini di trasferimento di conoscenze, di impatto economico e di innovazione è l'avventura scientifica al Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. Sono state moltissime le industrie italiane che hanno costruito per LHC oggetti di altissima tecnologia, l'Italia ha saputo assicurarsi un ritorno degli investimenti in ricerca superiore a quello degli altri Paesi europei. Ad esempio, nelle forniture industriali del 2006, anno di piena costruzione della macchina, nella classifica delle venti nazioni partecipanti, l’Italia è stata seconda nel settore dell'ingegneria civile (23% circa del totale) e dell'ingegneria elettrica (circa 30%), seconda nella meccanica (19%) e terza nelle tecnologie del vuoto e del freddo (13%). Complessivamente è stata seconda (18%), preceduta solo dalla Francia (34%, nazione ospitante) e seguita dalla Germania (15%). Se ricordiamo che il contributo italiano al CERN, proporzionale al PIL, è dell’11%, ne emerge un bilancio molto positivo per Paese. Oltre al grande sforzo rappresentato dalla costruzione di LHC, l’INFN ha poi rapporti ormai consolidati con numerose altre aziende, con le quali ha ideato e sviluppato nuove tecnologie per scopi di ricerca, che hanno trovato un mercato e sono diventate oggetto di produzione industriale su grande scala. Ne sono un esempio i settori della microelettronica e della superconduttività. Esperienze di successo come queste hanno dato luogo a contratti o accordi di collaborazione con un duplice vantaggio: la possibilità di sviluppare tecnologie per le quali abbiamo competenze ma non sempre gli strumenti adatti, e la valorizzazione economica delle idee maturate in seno all’Ente, che possono trovare diffusione se sfruttate a livello industriale. Per valorizzare le capacità innovative di un ente di ricerca servono strumenti adeguati. Quali sono maggiormente utilizzati dall’INFN? Per la valorizzazione delle proprie conoscenze, l’INFN utilizza tutti gli strumenti tradizionali quali i brevetti, la ricerca collaborativa e il conto terzi. In particolare la ricerca collaborativa, più congeniale alle attività di ricerca e sviluppo che si conducono nel nostro ente, usufruisce spesso di fondi esterni per cooperare con le imprese, avvalendosi di bandi regionali o nazionali. La difficoltà della ricerca collaborativa è che la scelta dei partner deve essere fatta in accordo con le procedure del codice degli appalti e questo limita molto la libertà di ricerca e di collaborazione. Questo strumento rimarrà pertanto poco utilizzato, finché non saranno individuati per gli enti di ricerca degli strumenti di semplificazione amministrativa. Per contro, l’INFN svolge molta ricerca commissionata per le tecnologie e le metodologie che possiede, ossia viene scelta da terzi per attività di ricerca e sviluppo.

Quali i progetti per potenziare le azioni di TT nel prossimo futuro?

Nel futuro, le attività di TT sulle quali punterà maggiormente l’Ente, che andranno ad aggiungersi alle numerose iniziative già esistenti, avranno come obiettivo primario quello di mettere a sistema le potenzialità di sviluppo in un determinato settore. Questo attraverso la creazione di un numero sempre maggiore di reti di competenze, che colleghino le strutture INFN che detengono il know-how e le tecnologie in un settore specifico, rendendo possibile la collaborazione con i Distretti e i Cluster Tecnologici nazionali. Ne sono esempi CHnet (rete per i Beni Culturali) e RADnet (rete delle facility d’irraggiamento, basata sugli acceleratori dei Laboratori Nazionali dell’INFN). Inoltre si sosterranno spin-off INFN e incubatori di tecnologie sviluppate al CERN e trasferite in Italia con condizioni di particolare favore (licenze, training ecc.). Gli incubatori di start up potranno essere collocati presso strutture INFN o unità operative che hanno un rapporto con l’INFN (Università, altri Enti, Consorzi o imprese che vogliono innovarsi e crescere). Un accordo di collaborazione CERN-INFN, già siglato, regolamenterà il supporto agli incubatori italiani che formeranno una rete coordinata dall’INFN.

A suo giudizio, c’è consapevolezza dei benefici del fare TT in enti tradizionalmente votati alla ricerca di base come l'INFN?

Purtroppo la Terza Missione coinvolge e appassiona solo una parte dei ricercatori dell’Ente. Una buona parte è propensa a ritenere che essa sia una distrazione dalle attività principali del fare scienza. Questo non deve tuttavia limitare la nostra strategia in questa direzione. Ognuno ha proprie preferenze e vocazioni e penso che si possa fare leva sulla specifica vocazione di chi oggi sa pensare al proprio know-how come a una risorsa che va oltre lo scopo di ricerca per il quale è stato sviluppato. Tra gli obiettivi vi è quello di accrescere la nostra reputazione e un consenso sociale verso attività la cui motivazione non è sempre compresa o condivisa dall’opinione pubblica. C'è poi l’aspetto di accesso ai finanziamenti. Sempre più spesso i progetti per i quali si chiedono finanziamenti specifici sono meglio valutati se presentati in collaborazione con soggetti esterni, o quando evidenzino possibilità di trasferimento delle tecnologie e delle competenze sulla società. Gli esempi in questo caso vanno dallo sviluppo delle tecnologie per le missioni spaziali, alle applicazioni mediche, dove la fisica degli acceleratori gioca un ruolo importante per la cura del cancro e i rivelatori sviluppati per le ricerche dell’INFN diventano un potente strumento diagnostico. Beni culturali e ambiente, sono altri settori che beneficiano dell’utilizzo delle nostre tecnologie e la lista delle applicazioni non è certamente esaustiva. Al ricercatore non è richiesto naturalmente di cambiare mestiere, solo di compiere un piccolo passo culturale. Piccolo perché la possibilità di fare trasferimento tecnologico è spesso scritta nella ricerca o nella tecnologia che si ha tra le mani: si tratta di vederla, capirne l’importanza e cercare supporto per valorizzarla e darle concretezza. Come ricercatori dovremmo avere una formazione culturale completa, che ci consenta di svolgere la nostra missione principale, quella di produttori di conoscenza, lasciando spazio anche all’idea che nuove tecnologie, idee e competenze – e con loro il nostro fare ricerca – acquistano maggior valore quando hanno un impatto diretto sulla società e incentivano l’innovazione e lo sviluppo in senso ampio.

NOVEMBRE 2016

 

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