La prima osservazione dell’effetto denominato ‘dead cone’ (letteralmente, cono morto, o buio) predetto dalla cromodinamica quantistica (QCD, la teoria che descrive le interazioni forti all’interno dei nuclei atomici), secondo il quale i quark di massa elevata prodotti agli acceleratori di particelle non possono irradiare energia a piccoli angoli, fornisce una nuova finestra di accesso alla massa del quark charm. A renderlo noto uno studio pubblicato ieri, mercoledì 18 maggio, sulla rivista Nature dalla collaborazione ALICE (A Large Ion Collider Experiment), uno dei quattro grandi rivelatori dI LHC (Large Hadron Collider) del CERN, che vede un decisivo contributo dell’INFN. Per verificare la presenza del comportamento previsto dall’effetto dead cone, il cui nome deriva dalla regione di spazio di forma conica che racchiude le traiettorie di emissione vietate, i ricercatori e le ricercatrici di ALICE hanno analizzato le cascate di particelle prodotte dalle collisioni tra protoni all’interno di LHC, riuscendo a isolarle e a identificare quelle prodotte da quark charm (particelle elementari che hanno una massa elevata).
La cromodinamica quantistica è certamente una teoria di successo, in grado di superare tutte le verifiche sperimentali a cui è stata sottoposta nel corso degli anni grazie a collisori di particelle come LHC. A partire dalla descrizione che essa fornisce dei modi in cui l’interazione forte si manifesta, è infatti possibile conoscere il comportamento dei quark, i quali, secondo il fenomeno del confinamento, non possono essere prodotti singolarmente, ma solo in stati aggregati, chiamati adroni. La teoria consente inoltre di prevedere, dopo la loro creazione, i processi a cui sono soggetti i quark, che, perdendo energia velocemente sotto forma di gluoni, danno vita a una cascata di quark e gluoni denominata cascata partonica (quark e gluoni sono collettivamente chiamati partoni). È proprio questo il contesto all’interno del quale si manifesta l’effetto dead cone osservato dalla collaborazione ALICE, che implica la presenza di una regione intorno alla direzione di volo del quark, la cui ampiezza aumenta con la massa di quest’ultimo, in cui i gluoni non possono essere emessi.
A causa della difficoltà di determinare la direzione di un partone durante i processi che danno luogo allo sciame di particelle a esso associato, l’effetto dead cone, previsto trent’anni fa, è stato fino a oggi osservato agli acceleratori di particelle solo in maniera indiretta. Un secondo ostacolo all’individuazione dell’area in cui l’emissione dei gluoni non è consentita è stato inoltre rappresentato dal fatto che il cono può essere riempito da altre particelle nel successivo decadimento del quark charm oggetto di studio. “Per risolvere tali problemi”, dice Luciano Musa del CERN, coordinatore internazionale della collaborazione ALICE, “è stato necessario fare ricorso a un set di dati acquisiti da ALICE nel corso di ben tre anni e a sofisticate tecniche di analisi, che hanno reso possibile osservare direttamente l’effetto”. “Questa tecnica permette di ripercorrere a ritroso nel tempo la generazione delle cascate partoniche a partire dai loro prodotti finali, discriminando gli angoli di emissione di ogni ramo”, spiega Leticia Cunqueiro Mendez, ricercatrice all'INFN e della Sapienza Università di Roma che ha partecipato a questa analisi.
“Le cascate partoniche contenenti un quark charm, quindi con massa elevata e dead cone manifesto, sono state individuate grazie alla presenza di un decadimento di charm, che avviene a una distanza di frazioni di millimetro dal punto di collisione. Nella misura di questa distanza e nell’identificazione delle particelle del decadimento rivestono un ruolo centrale i rivelatori Inner Tracking System e Time Of Flight costruiti in larga parte in Italia”, spiega Andrea Dainese, ricercatore della sezione di Padova dell’INFN e coordinatore scientifico della collaborazione ALICE. “Le masse dei quark sono quantità fondamentali nella fisica delle particelle, ma non possono essere accessibili e misurate direttamente negli esperimenti perché, con l'eccezione del quark top, i quark sono confinati all'interno di particelle composite. La tecnica che abbiamo sviluppato per osservare direttamente il dead cone di una cascata di partoni apre una nuova possibilità per misurare direttamente le masse di queste particelle", conclude Dainese.