La collaborazione dell’esperimento DAMPE (DArk Matter Particle Explorer, in orbita su satellite dal dicembre 2015), dedicato allo studio della materia oscura e alla caratterizzazione della radiazione cosmica nello spazio, ha pubblicato Venerdì 14 Ottobre, sulla rivista scientifica Science Bulletin, una nuova e accurata misura del flusso di alcuni nuclei atomici presenti nella radiazione cosmica ad alte energie. La ricerca, frutto di una campagna di analisi dati che ha coinvolto ricercatrici e ricercatori delle Sezioni INFN e delle Università di Bari, Lecce e Perugia, e del Gran Sasso Science Institute, fornisce informazioni che possono contribuire a spiegare i meccanismi di produzione e propagazione di queste componenti dei raggi cosmici energetici.
Grande la soddisfazione dei ricercatori coinvolti: “La pubblicazione di questi risultati, che presentano una estensione in energia e una accuratezza senza precedenti” – spiega Giovanni Ambrosi, ricercatore della sezione INFN di Perugia e responsabile italiano della collaborazione – “mostra come sia il rivelatore che l’attività di analisi dati siano di eccellente valore. Questo ci fa prospettare risultati ancora più significativi che potranno arrivare dal rivelatore HERD (High Energy Radiation Detector facility), che avrà una massa di ben 3,5 tonnellate, a cui stiamo lavorando non solo con i colleghi di DAMPE ma anche con quelli delle Sezioni INFN e delle Università di Firenze, Pavia, Roma2, Napoli e Trieste”.
Elemento chiave per questa misura è stato il sistema di identificazione di particelle installato a bordo, insieme al sistema di tracciamento per la misura della loro direzione di arrivo e al calorimetro per la misura della loro energia. Le ottime prestazioni del rivelatore hanno permesso di identificare con grande accuratezza eventi dovuti all’arrivo di nuclei di Boro, Carbonio e Ossigeno caratterizzati da una concentrazione relativamente bassa nel flusso di raggi cosmici, ma portatori di importanti informazioni.
“Misurare l’abbondanza di questi nuclei sino ad alte energie, in particolare quella del Boro rispetto al Carbonio e all’Ossigeno, ha permesso di evidenziare effetti che si ritiene avvengano durante la propagazione dei raggi cosmici nella nostra galassia e dovuti alle interazioni col mezzo interstellare” – spiega Ivan De Mitri del Gran Sasso Science Institute che collabora all’esperimento – ”Ciò costituisce un significativo passo avanti nella comprensione dei meccanismi alla base della produzione di questa radiazione in sorgenti astrofisiche, attualmente studiate usando anche altri messaggeri come fotoni e neutrini”.
Nella collaborazione DAMPE operano oltre cento tra scienziati, dottorandi e tecnici ed il rivelatore è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Accademia Cinese delle Scienze (CAS) con diverse istituzioni in Cina, l’INFN, le Università di Bari, Perugia, Salento, Ginevra e il Gran Sasso Science Institute (GSSI). L’INFN è stato responsabile dello sviluppo e della realizzazione di una delle componenti chiave di DAMPE, il cosiddetto tracciatore, il cui compito è ricostruire la direzione di arrivo dei raggi cosmici. Attualmente i gruppi italiani sono impegnati nell’analisi dei dati della missione per la misura delle varie componenti di raggi cosmici.