È iniziato il nuovo corso della macchina più potente mai costruita dall’uomo.
Lungo l’anello di 27 km del Large Hadron Collider (LHC), il superacceleratore del CERN di Ginevra, i quattro giganti della fisica, ATLAS, CMS, ALICE e LHCb, cominciano adesso a raccogliere stabilmente i dati prodotti nelle collisioni tra protoni accelerati all’energia record di 13.000 miliardi di elettronvolt (13 TeV), quasi il doppio di quella che ha permesso, nel 2012, d’imbrigliare il bosone di Higgs. Un’energia mai raggiunta prima in laboratorio, alla quale da ora l’acceleratore e i rivelatori lavoreranno a regime per i prossimi tre anni di attività.
Nella beam pipe, la “pista magnetica” a 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera, “treni” di pacchetti di protoni corrono quasi alla velocità della luce, circolando in direzioni opposte, guidate da potenti magneti superconduttori, e scontrandosi in corrispondenza degli esperimenti. C’è grande eccitazione per questa nuova stagione di LHC (il RUN2), non solo tra i ricercatori, tecnici e ingegneri che lavorano a LHC, tra cui circa 1500 italiani, la metà coordinati dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ma all’interno della comunità mondiale della fisica delle particelle. Grazie ai dati che saranno raccolti nei prossimi tre anni, si aprirà, infatti, una nuova finestra sull’universo subnucleare.
“È davvero con grande soddisfazione che assistiamo all’inizio del RUN2, una nuova avventura per LHC: l’impegno che gli Stati membri del CERN e la comunità scientifica internazionale hanno dedicato per decenni all’impresa è ora coronato da questa nuova conquista scientifica e tecnologica di LHC, in cui l’Italia ricopre un ruolo di primo piano”, commenta Fernando Ferroni, presidente dell’INFN. “Gli scienziati sono abituati a lavorare ai confini della conoscenza, i fisici lo sanno bene, soprattutto dopo aver messo le mani, alla fine di una caccia durata mezzo secolo, sull’ormai famoso bosone di Higgs: una scoperta che, lungi dal rappresentare un punto di arrivo per la fisica moderna, è piuttosto uno stargate, un vero e proprio portale verso la Nuova Fisica, oltre il cosiddetto Modello Standard”.
“Questa è una nuova giornata storica, non solo per il CERN, ma per la fisica delle particelle in generale, e soprattutto rappresenta il coronamento del duro lavoro di tante persone che, durante i due anni appena trascorsi, si è impegnata intensamente per migliorare questa macchina”, sottolinea Mirko Pojer, fra i responsabili delle operazione di LHC. “L’innovazione tecnologica di cui LHC è il frutto ci permette di aprire una nuova finestra sulla ricerca fondamentale, e per me è un privilegio enorme poter assistere in prima linea a questo momento così importante”, conclude Pojer.
“È un momento emozionante, che arriva dopo due anni di lavoro intensissimo”, spiega Paolo Giubellino, ricercatore INFN che coordina l’intera collaborazione dell’esperimento ALICE. “Per tutto il periodo di arresto di LHC le zone sperimentali sembravano alveari dove si lavorava in ogni luogo: in ALICE abbiamo installato nuovi rivelatori, completato altri che erano stati installati solo parzialmente, sostituito completamente i sistemi che registrano i dati e controllano l’esperimento, raddoppiato la velocità di lettura e compiuto una miriade di riparazioni e nuove messe a punto. Il rivelatore si presenta al RUN2 molto migliorato, e soprattutto capace di gestire l’aumento di energia e di luminosità di LHC”, conclude Giubellino.
“Dopo il lungo stop necessario al consolidamento delle infrastrutture, LHC inizia oggi a produrre stabilmente collisioni protone-protone alla più alta energia mai raggiunta, 13 TeV, e gli esperimenti hanno appena completato un lungo lavoro di miglioramento degli apparati per affrontare la nuova energia e le elevate intensità previste nel RUN2”, commenta Francesco Forti, a capo dell’LHC Committee (LHCC), il comitato di controllo e indirizzo del programma scientifico dell’intero progetto LHC. “L’LHCC – prosegue Forti – si riunisce proprio questa settimana per esaminare i piani degli esperimenti per la raccolta e analisi dei dati, in modo da produrre le misure previste e individuare il più rapidamente possibile gli eventuali segnali di nuove particelle”.
Nuovi orizzonti
Come bambini che si divertono a smontare i giocattoli per vedere come sono fatti dentro, i fisici cercano di carpire i segreti più intimi della materia “spaccandola”, negli scontri tra protoni. E, nel loro spingersi nell’infinitamente piccolo, compiono anche un balzo indietro nel tempo di più di 13 miliardi di anni. Fino ai primi vagiti dell’universo, quando il cosmo era costituito solo da una zuppa incandescente e densa di quark e gluoni. La Nuova Fisica, che ci aspetta oltre il Modello Standard, la teoria che oggi descrive nel modo più efficace le particelle e le interazioni tra loro, potrebbe essere fatta di dimensioni spaziotemporali nascoste, arrotolate su se stesse. O di uno zoo di particelle supersimmetriche capaci, fra l’altro, di spiegare la natura di un quarto di ciò che compone il nostro universo, la cosiddetta materia oscura. Avere osservato il bosone che dà la massa a tutto ciò che ci circonda, esseri umani compresi, in un certo senso equivale a essersi arrampicati sulla coffa dell’albero maestro di una nave e, stando di vedetta, aver intravisto la silhouette di una terra ignota. Siamo all’inizio di una nuova avventura della conoscenza. I prossimi risultati attesi da LHC, infatti, influenzeranno i percorsi che la ricerca fondamentale dovrà seguire negli anni a venire.