Pierluigi Campana | Intervista a Pierluigi Campana, direttore dei Laboratori Nazionali di Frascati

I LABORATORI DI FRASCATI, CULLA DELLA FISICA CON GLI ACCELERATORI IN ITALIA

Intervista a Pierluigi Campana, direttore dei Laboratori Nazionali di Frascati

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 Pierluigi Campana è il nuovo direttore dei Laboratori Nazionali di Frascati, uno dei quattro laboratori nazionali dell’INFN, simbolo della tradizione della fisica degli acceleratori nel nostro paese. Proprio a Frascati furono costruiti negli anni ‘60 l’elettrosincrotrone e l’Anello di Accumulazione (AdA), il prototipo dei futuri acceleratori in cui fasci di particelle si scontrano per originare nuove particelle. Ada deve il nome alla zia del fisico austriaco Bruno Touschek, lo scienziato che concepì un’idea tanto rivoluzionaria e ne guidò la costruzione. La macchina, trasferita in Francia dopo la sua costruzione e testata ai Laboratori dell’Acceleratore Lineare di Orsay (LAL), è il capostipite degli acceleratori di particelle attuali come il gigantesco Large Hadron Collider (LHC) del Cern di Ginevra.

In quali ricerche sono impegnati oggi i Laboratori di Frascati e quali sono i principali esperimenti in corso?

 

Il Laboratori di Frascati, per la lunga tradizione di fisica degli acceleratori, sono impegnati su più linee di ricerca. Da oltre un decennio lavoriamo a DAFNE (Double Annular Factory for Nice Experiments), un collisore di elettroni e positroni a bassa energia, con cui studiamo alcune delle simmetrie che regolano il mondo delle particelle e la struttura delle interazioni forti tra i quark più leggeri. Spostandoci all’estero, i Laboratori sono oggi impegnati nella fase di costruzione dell’ xtreme Light Infrastructure – Nuclear Physics (ELI-NP), una sorgente di raggi gamma che sorgerà in Romania e che sarà realizzata dal consorzio EuroGammaS, guidato dall’INFN. Guardando al futuro, molte sono le aspettative sul progetto SPARC_LAB (Laboratorio Sorgente Pulsanta Auto-amplificata di Radiazione Coerente) concepito per indagare la fattibilità di acceleratori alla frontiera della tecnologia, capaci di accelerare le particelle in poche centinaia di metri, con dimensioni dunque molto ridotte rispetto ai grandi acceleratori attualmente in funzione, come il Large Hadron Collider. Le comunità scientifiche dei diversi esperimenti sono di livello internazionale e i nostri fisici tecnologi e tecnici collaborano agli esperimenti Atlas, Cms, Alice e Lhcb, i quattro principali rivelatori di LHC, e a molti altri esperimenti di fisica subnucleare, nucleare e astro particellare, nei più importanti laboratori nel mondo. In questo contesto, non solo progettano e realizzano nuovi rivelatori e sistemi elettronici, ma partecipano anche a iniziative che hanno un impatto più diretto sulla società: acceleratori e rivelatori per la medicina, per i beni culturali o per le analisi ambientali. Insomma, tanta carne al fuoco, ma l'iniziativa e la curiosità rappresentano la parte affascinante di questo mestiere.

Che futuro intravede per i Laboratori e quali sono a suo parere i settori più promettenti?

Certamente, come ho già detto, costruire in futuro un acceleratore che possa produrre il bosone di Higgs e che sia contenuto, ad esempio, entro il perimetro dei Laboratori di Frascati è un sogno. Ma ci sono delle frontiere di ricerca, come gli studi sull’accelerazione con il plasma, che studiano come ottenere grandi campi acceleranti in poco spazio e hanno già portato risultati promettenti in laboratori oltreoceano, ad esempio a SLAC (Stanford Linear Accelerator Center) in California, e in altri laboratori, incluso il nostro. Dobbiamo perseguire questa strada con impegno e risorse, non tralasciando però altre e future opzioni che ci permettano di rimanere a pieno titolo nel club mondiale dei laboratori che sanno progettare, costruire e far funzionare gli acceleratori. E il club non è grandissimo. Poi c'è la fisica fondamentale e le nostre capacità di costruire grandi apparati. Siamo in un periodo di grande attesa per i primi risultati che verranno da LHC all’energia di 13 TeV. Potremmo essere sulla soglia di grandi novità. Se fosse così, ci dovremmo preparare a una nuova fase della fisica delle particelle. Ma per fare bene tutto ciò servono idee chiare, risorse, grande determinazione, giovani di eccellenza internazionale. Insomma un poker su cui contare.

Lei è stato spokesperson di un'importante collaborazione internazionale al CERN, l’esperimento LhcB, in cui l’Italia ha un ruolo molto importante.

Come ho avuto occasione di sottolineare molte volte, l’assegnazione di questa carica al CERN è stata il risultato di un grande gioco di squadra, nel quale il ruolo dell'INFN, dei miei colleghi e dei Laboratori di Frascati sono stati determinanti. La nostra ricerca ha successo all'estero perché abbiamo un modo di lavorare che piace ed è apprezzato. L'avventura in LHCb è stata appassionante e mi ha arricchito molto. Ma gestire un Laboratorio grande come Frascati, con oltre 1000 persone tra staff, studenti e utenti, e con il peso della sua tradizione, è un’impresa diversa e sicuramente challenging, come direbbero i nostri colleghi anglosassoni. Non sono importanti solo i programmi scientifici, ma anche la capacità di gestione, le relazioni con il personale, il supporto dell'Ente. Frascati conta su personale che nulla ha da invidiare a quello dei grandi laboratori mondiali. Sta a noi mettere a frutto questo straordinario capitale umano.

Ai Laboratori di Frascati si fa ricerca di base, ma è da questi studi che nascono tecnologie e applicazioni che sono poi integrate nella società

Gli acceleratori sono un esempio che dimostra come potenziare la tecnologia per permetterci di migliorare le nostre ricerche abbia alla fine un effetto su tutta la società. Una minima parte delle oltre 10.000 macchine sparse per il mondo è dedicata alla ricerca di base; la maggior parte serve alle applicazioni industriali, mediche, o è impiegata nella conservazione del patrimonio culturale. Non molti sanno che sotto al Louvre c’è un acceleratore di particelle: noi abbiamo un laboratorio simile a Firenze. E poi ci sono i rivelatori di particelle dedicati alla terapia oncologica, che entrano in sala operatoria per guidare il chirurgo a eradicare il tumore in un punto preciso. Più recentemente, poi, qualcuno ha avuto l’idea di convertire una vecchia miniera in Sardegna e dedicarla all’estrazione di gas rari necessari allo studio della materia oscura, o usati per la diagnosi dei tumori in medicina: qui l’impatto è immediato. Inoltre, se l’operazione andrà in porto si creeranno posti di lavoro in un’infrastruttura unica al mondo.

 

SETTEMBRE 2015