GINEVRA: DAL CERN ALL’AMBIENTE, IL KNOW HOW E L’INDUSTRIA ITALIANI NELLA COOPERAZIONE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE Intervista con Umberto Dosselli, Addetto Scientifico alla Rappresentanza Permanente d'Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra
Da oltre 100 anni, la Svizzera ospita organizzazioni internazionali: oggi Ginevra ne ospita di 22 (di cui 8 sono agenzie delle Nazioni Unite), tra le quali il CERN, il più importante laboratorio mondiale di fisica delle particelle, unico per complessità, prospettive scientifico-tecnologiche, potenzialità per l’industria. L’Italia, con l’INFN, partecipa al massimo livello alle sue attività e importante è il ritorno economico per il sistema produttivo italiano, grazie alle elevate capacità dell'industria nazionale di partecipare agli esperimenti con prodotti di alta tecnologia. Ma la realtà delle organizzazioni internazionali offre al nostro Paese anche altre opportunità, che la Rappresentanza Permanente d'Italia a Ginevra cerca di incentivare, favorendo i rapporti e valorizzando le capacità e le competenze nazionali.
Qual è il panorama in cui opera la Rappresentanza Permanente d'Italia a Ginevra?
Bisogna innanzitutto fare una distinzione. Le reti diplomatiche a Ginevra si articolano su due ambiti: le relazioni bilaterali e le relazioni multilaterali. E anche la rete diplomatica italiana, ovviamente, è organizzata in questo modo. Le relazioni bilaterali avvengono tra il nostro Paese e lo Stato in cui ci si trova, e sono curate dall’Ambasciata e dagli eventuali Consolati. In Svizzera l’ambasciata è a Berna, ma la diplomazia ha un Consolato anche a Ginevra. Ginevra è, però, una realtà particolare perché è sede di molte organizzazioni internazionali, come l’ONU, la NATO, la Croce Rossa, il CERN, la WMO (World Meteorological Organization), l’ITU (International Telecommunication Union), la WIPO (World Intellectual Property Organization), la WTO (World Trade Organization), per citarne solo alcune. Ed è con queste che si tessono le relazioni multilaterali. Per curare i rapporti tra i singoli Stati e le organizzazioni internazionali ci sono, appunto, le Rappresentanze Permanenti, che hanno il rango di un’ambasciata. È, quindi, l’Ambasciatore che cura i rapporti, nel nostro caso tra l’Italia e le singole organizzazioni internazionali. Alcune sono “tecniche”, altre hanno una connotazione scientifica e tecnologica: in particolare, il mio mandato in qualità di addetto scientifico è di seguire queste ultime. Per esempio, sono il rappresentante italiano nel comitato delle finanze del CERN, mentre l’Ambasciatore stesso e il presidente dell’INFN sono i rappresentanti nazionali nel Council del CERN.
Per l’INFN la collaborazione naturalmente più proficua è quella con il CERN.
Sì, l’INFN è chiaramente molto concentrato sul CERN. In questo caso, il nostro compito è verificare che la cooperazione tra le due istituzioni prosegua com’è stato finora, perché i rapporti sono davvero ottimi, perfetti, direi. Al CERN l’INFN è molto presente a tutti i livelli, non solo scientifico e di management: per esempio, è significativa la partecipazione degli studenti italiani, che riescono con successo nelle call internazionali perché – bisogna dirlo – sono davvero bravi. E non siamo da meno nell’outreach: quest’anno nella competizione rivolta alle scuole che il CERN promuove in tutto il mondo A Beamline for School uno dei due vincitori è un istituto superiore italiano.
Sempre legata al CERN, importante poi è la questione del ritorno industriale.
Certo, il ritorno industriale per l’Italia che deriva dai progetti del CERN è un aspetto rilevante, sia per il politico sia a livello di opinione pubblica. Il nostro Paese è il quarto contributore al CERN, dopo Germania, Inghilterra e Francia: ci aspettiamo, quindi, che il ritorno per le nostre aziende in termini di commesse sia coerente con l’investimento fatto. Noi lavoriamo anche per questo, per trovare i canali giusti per incrementare la presenza della nostra industria nei progetti tecnologici sviluppati al CERN. Questo avviene grazie anche al serio e costante lavoro che sta svolgendo l’ILO (Industrial Liaison Officer). La prossima interessante opportunità è offerta dal progetto HiLumi LHC, per il quale l’aggiudicazione delle commesse è già cominciata. Dal punto di vista dell’Italia, il coordinamento con il top management di HiLumi è efficace, e l’ILO ha fatto un ottimo lavoro per individuare i settori industriali che potevano essere più favorevoli per la partecipazione delle nostre aziende. Per esempio, noi italiani siamo molto bravi nello sviluppo di superconduttori ad alta temperatura e, difatti, recentemente abbiamo ricevuto delle commesse in questo settore. HiLumi rappresenta una interessante occasione scientifica e tecnologica, e sono certo che l’Italia giocherà bene la sua partita in questo competitivo terreno internazionale.
Oltre al CERN, con quali altre istituzioni internazionali si relaziona?
Come addetto scientifico seguo anche il WMO e l’ITU, che sono entrambe agenzie dell’ONU. Inoltre, lavoro con l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) per il cambiamento climatico, e le varie organizzazioni che si occupano di ambiente, come l’UNEP (United Nations Environment Programme) per il programma ambientale e l’IUCN (Union for Conservation of Nature) per la conservazione della natura. Quello che faccio in queste organizzazioni è principalmente tenere contatti con lo staff italiano, per capire se l’Italia è opportunamente rappresentata, o se siamo discriminati, se abbiamo rivendicazioni da portare avanti o problematiche aperte per cui cercare una soluzione. Poi mi sforzo di capire se l’Italia impiega bene queste organizzazioni. Con il CERN il coordinamento è perfetto, perché c’è un’istituzione come l’INFN che lo cura. Nelle altre organizzazioni questo manca e così il quadro è meno chiaro. Io devo capire, per esempio, se c’è possibilità di promuovere ulteriori cooperazioni oltre a quelle già in atto con i nostri enti di ricerca, le università ecc., e se ci sono ricerche o tecnologie italiane che possono trovare un utile impiego per sviluppare progetti in seno alle organizzazioni internazionali.
Qual è la situazione presso le altre organizzazioni internazionali?
Alla luce della proficua presenza industriale nei progetti del CERN, come Rappresentanza Permanente ci siamo guardati in giro per capire se altre organizzazioni internazionali potessero offrire delle buone opportunità per l’industria nazionale. Credo ci siano spazi interessanti, bisogna quindi favorire la nascita di nuove relazioni. Stiamo così organizzando per fine ottobre, presso il MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), una giornata di contatto tra le organizzazioni internazionali presenti a Ginevra e il mondo industriale italiano, per spiegare le possibilità che ci sono e anche le modalità con cui poter partecipare e collaborare.
E per quanto riguarda l’INFN?
Credo che l’INFN abbia alcune competenze che possono trovare ricadute anche in altri settori: penso per esempio al computing. È un ambito in cui per ricerca e sviluppo l’INFN eccelle ed è all’avanguardia, perché è un settore nel quale da sempre è impegnato per le esigenze intrinseche all’attività di ricerca in fisica delle particelle: computing che può trovare fruttuoso impiego, per esempio, negli studi in meteorologia.
Come sono, in questo contesto, i rapporti tra il nostro Paese e la Svizzera?
L’Italia ha una rete di addetti scientifici che – devo dire – altri paesi ci invidiano: ha circa 25 addetti scientifici nel mondo che sono attivi nelle ambasciate e curano i rapporti scientifici e tecnologici tra l’Italia e i vari Paesi. Ma ci sono delle eccezioni: una è rappresentata da me, che non opero all’Ambasciata di Berna ma a Ginevra. Il contraltare di questo fatto è che non c’è un addetto scientifico che segua specificatamente il resto della Svizzera. Attualmente ci sono valutazioni in corso al MAECI per far fronte a questo aspetto: si discute se incaricare un’altra persona o ampliare la mia area di competenza anche al resto della Svizzera. Sicuramente, rapporti con istituzioni scientifiche come il PSI (Paul Scherrer Institut) o i Politecnici di Zurigo e Losanna, con i quali l'Italia già collabora, sono per noi interessanti e possono essere ulteriormente sviluppati.
Come operate?
Guardiamo con attenzione la realtà italiana e parliamo con le istituzioni nazionali, come la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Univesità Italiane) o gli enti di ricerca, per creare nuovi contatti con le organizzazioni presenti a Ginevra. Quest’anno, ad aprile, è stato firmato un accordo tra il WMO, il MAECI e un istituto del CNR per promuovere azioni volte a istruire gli agricoltori della zona del Niger su come fronteggiare gli effetti della siccità. Un problema come questo ha ripercussioni anche su di noi: migliorare le condizioni di vita nella zona del Niger, infatti, significa anche contribuire al contenimento di una delle cause che favoriscono i fenomeni migratori. Ora, invece, stiamo valutando assieme all’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) e al WMO la possibilità di utilizzare i dati satellitari per ricavare una mappatura costante e completa del Polo Nord, con particolare interesse per il Passaggio a nord-ovest.
In generale, dobbiamo impegnarci perché si superi l’attitudine di guardare con interesse solo alle relazioni con Bruxelles e con l’Unione Europea perché da lì possono derivare fondi. Le organizzazioni internazionali presenti a Ginevra, pur non essendo fonti di finanziamenti, possono però rappresentare un’ottima vetrina, molto efficace per presentare a livello internazionale la propria validità. L’ITU, per esempio, è un ente che rilascia standard e sfruttare questa opportunità per "imporre" know-how già in possesso di nostre industrie rappresenta sicuramente un buon incentivo alla cooperazione.
Quali conclusioni possiamo trarre?
La mia esperienza, dopo un anno come addetto scientifico a Ginevra, è che le capacità di noi italiani sono tante e soprattutto di alto livello. Ritengo quindi che ci sia ancora spazio per incrementare le occasioni di cooperazione tra il nostro Paese e le organizzazioni internazionali, e ci sia margine per valorizzare ulteriormente le nostre risorse che si basano su una robusta base scientifica e tecnologica.