Un nuovo studio, che ha sfruttato per l’analisi dei dati strumenti solitamente impiegati dalla fisica fondamentale, per esempio nella ricerca delle onde gravitazionali, è riuscito a confermare la PET come sicuro strumento diagnostico della demenza a corpi di Lewy (DLB), una patologia che, pur essendo la seconda per prevalenza dopo l’Alzheimer, è ancora poco nota rispetto a quest’ultima. La prova dell’utilità della PET nel mettere in evidenza le regioni cerebrali colpite dalla DLB arriva da una ricerca, pubblicata sulla rivista americana Annals of Neurology, condotta sulla più ampia casistica mai esaminata: 171 pazienti che si erano sottoposti a FDG-PET (PET con glucosio radioattivo).
Lo studio, che si è avvalso della rete internazionale di ricerca European DLB Consortium, è stato realizzato da ricercatori del Policlinico San Martino e dell’Università di Genova, che hanno curato la raccolta e l’interpretazione clinica dei dati, e da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) che hanno sviluppato la metodologia, utilizzando strumenti mutuati dalla ricerca in fisica ottimizzandoli per il caso specifico, ed eseguito quindi l’analisi. Così, grazie a un esame accurato che per la prima volta ha riguardato un numero consistente di PET, è stato possibile delineare le complesse relazioni tra il metabolismo cerebrale, i multiformi sintomi della malattia e la sua severità.
“Fino ad ora gli studi su grandi gruppi di pazienti per dimostrare in maniera inequivocabile l’utilità degli esami diagnostici sono stati scarsi e quindi le evidenze sulla utilità dei vari esami erano ancora poco robuste”, commenta Silvia Morbelli dell’Università di Genova e dell’IRCCS S. Martino. “Ora, grazie al risultato di questo nuovo studio la FDG-PET si consolida come efficace strumento di diagnosi della DLB, a fianco di altre metodiche altrettanto importanti”, conclude Morbelli.
“È stato uno studio che ha richiesto grande coordinamento tra lo sviluppo della parte metodologica - che impiega strumenti caratteristici dell’analisi dati in fisica fondamentale, come quella delle onde gravitazionali, e quindi adattati allo specifico caso di studio - e l’interpretazione clinica”, spiega Andrea Chincarini, ricercatore dell’INFN di Genova che ha coordinato l’analisi dei dati. “L’approccio che abbiamo impiegato è risultato innovativo ed efficace, a conferma dell’importanza di lavorare in un gruppo interdisciplinare”, conclude Chincarini.
“Questo studio dimostra definitivamente l’utilità della FDG-PET nel mettere in evidenza le regioni cerebrali colpite, – sottolinea Flavio Nobili dell’Università di Genova e dell’IRCCS S. Martino – e la certezza della diagnosi è il primo passo per poter accedere alle cure già esistenti, solo parzialmente efficaci, e soprattutto per poter selezionare con appropriatezza le persone che potranno sperimentare nuovi farmaci, che anche per la DLB cominciano ad affacciarsi all’orizzonte”.
La demenza a corpi di Lewy (DLB)
Scoperta relativamente di recente, negli anni ’90, è una patologia molto diffusa, la seconda per prevalenza dopo la ben più nota malattia di Alzheimer (scoperta agli inizi del ‘900), e rappresenta quindi un serio problema di salute pubblica. Condivide alcuni sintomi con l’Alzheimer, primi tra tutti la demenza e i disturbi del comportamento. Diversamente dall’Alzheimer però, presenta anche sintomi molto disturbanti per chi ne è affetto e per i familiari, come allucinazioni visive e difficoltà di movimento, che la rendono anche più grave dello stesso Alzheimer e la accomunano per certi aspetti alla malattia di Parkinson. Nonostante i nuovi criteri diagnostici del 2017 specifichino i sintomi che devono farla sospettare e gli esami da fare per confermare la diagnosi, rimane tuttavia ancora sotto diagnosticata e di conseguenza non adeguatamente trattata, e anche la ricerca per trovare nuove cure è meno sviluppata.
La FDG-PET
La PET con glucosio radioattivo è un esame ormai ampiamente disponibile, almeno nei Paesi occidentali, di costo contenuto, che consente di misurare con una modesta esposizione radioattiva l’efficienza del metabolismo del cervello e quindi, in sostanza, la sua integrità. Nella DLB le regioni cerebrali che sono colpite funzionano male e quindi non riescono a utilizzare efficacemente il glucosio (ossia lo zucchero) proveniente dal sangue. Queste zone sono in parte le stesse dell’Alzheimer, ma in parte sono ben diverse, e proprio qui sta l’importanza dell’esame che è in grado di visualizzare queste anomalie anche molto precocemente nella storia della malattia. Queste informazioni, preziose per la diagnosi, erano già parzialmente disponibili ma sempre ricavate in poche decine di pazienti e quindi in qualche modo ancora poco solide.
Il contributo dell’INFN
Questa attività si inserisce nella lunga esperienza di fisica applicata che l’INFN sta portando avanti, sia attraverso progetti specifici sia attraverso le commissioni scientifiche. In questo caso i ricercatori hanno sviluppato un metodo di analisi utilizzando tecniche che, di per sé, sono note al mondo della ricerca di base (per esempio la principal component analysis, l’analisi multivariata, il clustering gerarchico) ma che in questo studio sono state applicate in modo innovativo, grazie anche alla stretta collaborazione tra professionisti dei due ambiti, fisico e clinico. Sempre più spesso, quindi, la cross-contaminazione di competenze unita alla tradizione di lavoro in gruppi interdisciplinari dimostra di ampliare la portata e l’impatto delle ricerche.