Intervista con Marco Ripani, ricercatore della Sezione INFN di Genova, che da alcuni anni si occupa di tematiche legate all’energia e partecipa al progetto strategico INFN-Energia
Poter disporre di una fonte di energia pulita e illimitata, riproducendo in laboratorio le stesse reazioni nucleari che alimentano le stelle: è l’obiettivo della ricerca scientifica sulla fusione nucleare, che negli ultimi decenni ha visto intensificarsi gli investimenti e le iniziative a livello globale. Sono nati così ambiziosi progetti internazionali, come ITER, che dovrebbe portare entro il 2025, alla realizzazione in Europa di un dimostratore per un reattore a fusione. E come il progetto condotto negli Stati Uniti, alla National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Laboratory di Berkley, in California, che ha appena ottenuto un importante risultato, presentato lo scorso 13 dicembre dal Dipartimento per l’Energia statunitense (DoE), nel corso di una conferenza stampa in diretta streaming, seguitissima in tutto il mondo. I ricercatori del Laboratori di Livermore sono, infatti, riusciti nell’impresa di ricavare energia netta da un processo di fusione nucleare, con la tecnica del confinamento inerziale utilizzando come combustibile due isotopi dell’idrogeno, deuterio e trizio. A differenza del sistema di cui si avvarrà ITER per accendere le reazioni nucleari, basato sul riscaldamento di grandi volumi di plasma composto da deuterio e trizio e confinato per mezzo di intensi campi magnetici, l’esperimento condotto nel laboratorio di Livermore ha utilizzato potenti laser per comprimere e riscaldare una capsula contenente il combustibile al punto da innescare il processo di fusione che ha prodotto, in un tempo brevissimo, più energia di quella trasportata dagli stessi impulsi laser. Una diversità di approccio che dimostra il grande lavoro di ricerca e sviluppo condotto su più fronti in questo settore, al quale anche l’INFN contribuisce grazie alle competenze e alle iniziative coordinate dal progetto strategico INFN-Energia, cui partecipa Marco Ripani, ricercatore della Sezione INFN di Genova.
Qual è l’effettiva portata del recente risultato ottenuto al Lawrence Livermore National Laboratory?
Da molti anni si lavora per realizzare la fusione nucleare in laboratorio. Negli ultimi anni, il processo è stato ottenuto da diversi esperimenti, grazie ai quali, facendo ricorso a sistemi esterni, è stato possibile produrre le condizioni necessarie per innescare la reazione, che può avere luogo in presenza di una alta densità e tempi brevissimi (fusione inerziale) oppure di una bassa densità su tempi più lunghi (confinamento magnetico), in ogni caso, raggiungendo temperature elevatissime. Tuttavia, prima dell’esperimento condotto nel laboratorio di Livermore, le reazioni di fusione ottenute non avevano mai rilasciato una energia superiore a quella erogata dai sistemi impiegati per accenderle. La conferma da parte del DoE della produzione di energia netta da parte di un processo di fusione inerziale rappresenta perciò un risultato molto importante, che però non risolve le molte problematiche che dovranno essere superate prima di ottenere un’energia da fusione realmente utilizzabile. È infatti necessario tenere conto del bilancio energetico totale, che comprende l’energia spesa per far funzionare i laser e quella che si ricava dal processo stesso, che peraltro deve essere trasformata in elettricità.
Quali sono le differenze tra il sistema di innesco della reazione di fusione utilizzato dagli scienziati della Ignition Facility del laboratorio di Livermore e quello che sarà impiegato da ITER?
Ciò che ogni processo di fusione controllata - e quindi tutti i sistemi impiegati per indurre la reazione nucleare - cerca è superare determinati valori del cosiddetto “prodotto triplo”, ossia il prodotto tra la densità del plasma (il gas ionizzato composto da deuterio e trizio che svolge il ruolo di combustibile nella fusione), il tempo tipico in cui il plasma si raffredda (noto come “tempo di confinamento dell’energia” - solitamente molto breve), e la temperatura. Tutto ciò al fine di ottenere l’accensione di un plasma utile, o addirittura di un plasma in cui le reazioni di fusione si autosostengano, obiettivo questo ancora molto lontano. Nel caso del confinamento magnetico, il sistema di cui si avvarrà ITER, i valori del prodotto triplo che si vogliono raggiungere sono ottenuti attraverso densità basse, tempi di raffreddamento lunghi e temperature elevate, ottenute aumentando la temperatura del plasma grazie all’iniezione di atomi neutri ed energia elettromagnetica a radiofrequenza in volumi del plasma molto grandi. Nel confinamento inerziale, invece, si cerca di raggiungere l’accensione della reazione di fusione con densità molto alte, tempi di raffreddamento molto brevi - frazioni infinitesime di secondo -, in volumi molto ridotti, sempre in presenza di temperature elevate. La configurazione degli esperimenti condotti nel laboratorio di Livermore prevede, infatti, l’utilizzo di piccole capsule, denominate pellet, riempite di combustibile, che si comprimono e si riscaldano grazie agli impulsi laser, avviando così la reazione di fusione. In questo caso il processo risulta estremamente rapido, perché al rilascio dell’energia prodotta dalla reazione il pellet si distrugge.
In quale modo l’INFN contribuisce alle attività di ricerca sulla fusione nucleare?
L’INFN non è coinvolto direttamente nel progetto ITER, che prevede la realizzazione di un reattore a fusione che utilizzi il sistema del confinamento magnetico del plasma entro il 2025, tuttavia fa parte del board direttivo di Fusion for Energy, l’agenzia europea che promuove tutte le attività legate a ITER, dove, assieme all’ENEA, rappresenta l’Italia. Inoltre, l’INFN è impegnato nel lavoro di ricerca e sviluppo a supporto della fusione, contribuendo allo sviluppo delle facility per testare i materiali che saranno utilizzati dal successore di ITER, DEMO, che raggiungendo una potenza superiore necessiterà di componenti in grado di sopportare un maggiore bombardamento di neutroni. A questo scopo si rivolge il progetto IFMIF, che prevede la realizzazione di una facility dotata di un acceleratore di ioni e di una sorgente di metallo liquido capace di produrre un flusso di neutroni con un un’intensità e una distribuzione di energia simile a quella delle macchine a fusione. Il lavoro finora svolto nell’ambito del progetto ha portato alla costruzione di un prototipo dell’acceleratore, denominato EVEDA, installato in Giappone, che fornirà la stessa corrente di ioni prevista per IFMIF ma con un’energia più bassa. L’INFN ha fornito il quadrupolo a radiofrequenza, una delle componenti principali di EVEDA. Sotto il cappello delle attività promosse da Eurofusion, consorzio europeo che fa capo a Euratom e che coordina le attività dedicate alla fusione nucleare, l’INFN partecipa anche al lavoro di ricerca e sviluppo del secondo acceleratore previsto nel contesto di IFMIF, DONES, che sarà installato nei pressi di Granada, in Spagna. Per quanto riguarda più da vicino ITER, l’INFN è infine coinvolto come socio del consorzio RFX, che ha sede a Padova, in collaborazione con il quale l’Istituto ha condotto uno studio sulle sorgenti per gli iniettori di atomi neutri impiegati per riscaldare il plasma. RFX svolge un ruolo importante per la realizzazione di ITER, ospitando le attività di costruzione e test degli iniettori del reattore, che coinvolge due distinti apparati: la sorgente SPIDER, di cui attualmente è in corso il commissioning, e l’iniettore MITICA, in corso di realizzazione, una replica dei dispositivi che saranno installati su ITER. Da ultimo, ma non per importanza, voglio ricordare che la Commissione 5 dell'INFN, che si occupa del coordinamento delle attività relative alla ricerca e al trasferimento tecnologico, ha da poco approvato il progetto FUSION, che vedrà proprio lo sviluppo di tecniche innovative a supporto della fusione inerziale, in collaborazione con ENEA e varie università.
Per quanto riguarda DEMO, il successore di ITER, l’INFN è coinvolto in un ulteriore progetto a guida italiana che prevede la realizzazione di un dimostratore, il Divertor Tokamak Test (DTT) nel centro ENEA di Frascati. Quale sarà il contributo dell’INFN?
L’INFN è tra i soci della società italiana responsabile della realizzazione di DTT. DTT avrà come principale obiettivo quello di studiare il comportamento del divertore, che può essere definito come il ‘tubo di scappamento’ di questi reattori a fusione, perché assorbe calore in eccesso dal plasma. L’INFN partecipa con diverse Sezioni e Laboratori Nazionali a varie attività, tra cui lo sviluppo della parte di accelerazione dell’iniettore di atomi neutri, uno dei sistemi di riscaldamento del plasma, un componente molto importante di cui abbiamo la responsabilità, e in cui stiamo anche applicando la tecnica innovativa dell’additive manufacturing (noto anche come stampa 3D). L’Istituto collabora inoltre alla realizzazione dei sistemi a radiofrequenza, elementi anche loro cruciali per ottenere le temperature necessarie a innescare la fusione nel plasma, e allo sviluppo di alcune diagnostiche, sistemi impiegati per verificare il comportamento fisico del plasma. Per le radiofrequenze e le diagnostiche beneficiamo della grande esperienza sviluppata in esperimenti come PANDORA, che mirano a studiare reazioni nucleari nel plasma.
Le attività dell’INFN nel settore della fusione controllata sono anche supportate da INFN-Energia. Di che cosa si occupa questa linea di ricerca e quali sono le sue finalità?
Ideato da Roberto Petronzio e nato sotto la sua presidenza, INFN-Energia fa parte dei progetti speciali dell’Istituto. Un’iniziativa considerata di interesse strategico per le potenzialità dell’INFN nell’ambito delle problematiche legate all’energia nucleare. Sebbene non possieda competenze specifiche nel campo dell’ingegneria della fissione o della fusione, l’INFN può certamente mettere a disposizione le proprie capacità tecnologiche, sviluppate per gli esperimenti di fisica nucleare e delle particelle per contribuire, come abbiamo già ricordato, attraverso lo sviluppo e la realizzazione di sistemi diagnostici, rivelatori, sorgenti di fascio e acceleratori. L’obiettivo primario di INFN-Energia è quindi sviluppare e sostenere le attività che fanno parte dell’ambito dell’energia nucleare e spaziano dalla fusione, alla fissione, alla gestione dei rifiuti radioattivi e alla sorveglianza radiologica.