LA GRANDE FISICA DA BARCELLONA ALL’EUROPA

Eugenio Coccia 3Intervista con Eugenio Coccia, direttore di IFAE, l’Institut de Fisica d’Altes Energies in Spagna

IFAE, Institut de Fisica d’Altes Energies, è un centro di ricerca in fisica fondamentale, nato nel 1991 e ha sede a Barcellona, all’interno del Campus dell’Universitat Autonoma de Barcelona (UAB), una delle maggiori e migliori Università spagnole. Dal novembre del 2022 è diretto da Eugenio Coccia, ricercatore all’INFN, professore al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, di cui è stato promotore e rettore fin dalla sua fondazione, e già direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. IFAE è tra gli istituti protagonisti, sulla scena europea, di molti tra i principali progetti di fisica fondamentale, così abbiamo chiesto a Coccia di raccontare come l’Istituto approccia le nuove sfide, dai futuri acceleratori di particelle allo studio delle onde gravitazionali, e di introdurci alla linea scientifica che l’Istituto da lui diretto seguirà nei prossimi anni.

Ci introduce all’Institut de Fisica d’Altes Energies e alle sue principali attività scientifiche?
From particles to the Cosmos: la missione di IFAE è condurre ricerche teoriche e sperimentali a livello di eccellenza sui temi più importanti della fisica delle particelle, dell’astrofisica e della cosmologia e, allo stesso tempo, applicare le conoscenze e le tecnologie così acquisite in settori strategici per la società, quali la fisica medica e le tecnologie quantistiche.
Dal punto di vista giuridico, IFAE è un Consorzio partecipato della Generalitat de Catalunya e della UAB. Ha una completa autonomia, rispondendo solo al Consiglio di Governo presieduto dal Ministro della Università e Ricerca della Catalogna.
Non siamo un Istituto di grandi dimensioni ma siamo molto ben attrezzati per partecipare alle attività che consideriamo all’avanguardia e che ci vedono in posizione di leader o partner di primo piano. Parlo in particolare di attività svolte in collaborazioni internazionali, come ATLAS, T2K, MAGIC, CTA, Virgo, Einstein Telescope, DES, PAU, DESI, Euclid, LSST. Per questo, IFAE integra più di cento ricercatori di origine internazionale e circa trenta ingegneri e tecnici che svolgono la loro attività usufruendo di laboratori e officine meccaniche ed elettroniche all’avanguardia. I progetti che richiedono forti risorse informatiche sono supportati da uno dei migliori centri di calcolo in Europa, il PIC (Port d’Informacion Cientifica), che tra l’altro ospita uno dei Ter-1 di LHC. Gestito da IFAE, il PIC è una joint venture tra IFAE e CIEMAT, il centro nazionale spagnolo di ricerche e tecnologie. Il personale scientifico di IFAE partecipa ai programmi dell’Universitat Autonoma de Barcelona (UAB), in particolare insegnando nei corsi di Master in Fisica delle alte energie, Astrofisica e Cosmologia, e a loro volta diversi docenti della UAB sono associati a IFAE. Questo rapporto virtuoso, che l’INFN conosce bene, permette tra l’altro di attrarre molti dottorandi sulle nostre ricerche.
Aggiungo, inoltre, che le attività scientifiche di IFAE sono valutate da un comitato scientifico internazionale, da quest’anno presieduto dal premio Nobel Barry Barish.

Tra i principali progetti scientifici su cui l’Europa sta puntando c’è sicuramente Einstein Telescope (ET), la futura grande infrastruttura di ricerca per la rivelazione delle onde gravitazionali. Quale ruolo ha IFAE nel progetto?
Nel 2019, a seguito di una riflessione sulle attività future più promettenti, l’Istituto decise di partecipare alla ricerca delle onde gravitazionali, proprio attratto dalle affascinanti prospettive del progetto Einstein Telescope. Un gruppo sperimentale entrò subito con successo nell’esperimento Virgo, occupandosi in particolare dello studio e del controllo della luce diffusa che si propaga nell’interferometro. Questo tema sfrutta l’esperienza di IFAE nello sviluppo di rivelatori e, in particolare, dei fotosensori. Da allora il gruppo è cresciuto, sotto la guida di Mario Martinez, ed è entrato nella collaborazione ET fin dalla nascita della collaborazione scientifica, a maggio dello scorso anno. IFAE considera ET un progetto bandiera e vuole impegnarsi per rendere possibile questo nuovo osservatorio a fianco dell’INFN e degli altri enti europei che vi partecipano. L’impegno di IFAE è visibile anche nel ruolo ricoperto da Martinez che è il leader del progetto europeo ET-Preliminary Phase ed è un componente del Direttorato di ET. A proposito della visibilità di IFAE in ET, aggiungo anche che a novembre dell’anno scorso, proprio mentre diventavo direttore di IFAE, sono stato eletto Chair del Collaboration Board di ET. Il lavoro di programmazione di ET è appena agli inizi ma è chiaro che vogliamo partecipare al lavoro di R&D su alcuni aspetti chiave dell’esperimento, tra cui l’ottica di precisione, il vuoto e il controllo della luce diffusa. Ne stiamo discutendo proprio in questi mesi con i nostri colleghi, in primis con quelli dell’INFN. Siamo inoltre molto interessati all’analisi dei dati, specie per le informazioni che i segnali ci daranno in termini di fisica fondamentale.

Altro ambizioso progetto europeo che è il Future Circular Collider al CERN. Come è coinvolto IFAE nel progetto?
Nel 2016 è nata una collaborazione tra il CERN, IFAE e altri centri spagnoli (ICMAB, UPC, ALBA Synchrotron) per studiare il comportamento di conduttori rivestiti di materiale superconduttore ad alta temperatura (HTS-CC) per gli schermi del fascio del Future Circular Collider (FCC-hh). IFAE ha progettato e costruito una macchina dedicata a studiarne le proprietà sotto stress meccanico. Il lavoro, finanziato dal CERN, è stato esteso per costruire un dispositivo proof-of-concept per lo schermo del fascio di FCC-hh basato su HTS-CC.

Su che cosa IFAE ritiene sia importante puntare?
Oltre all’impegno sulle onde gravitazionali, vogliamo consolidare il nostro ruolo nella fisica delle particelle sugli sviluppi di LHC, nell’astrofisica delle alte energie con CTA, nella cosmologia osservativa. Un aspetto fondamentale di questo consolidamento risiede nella capacità di selezionare e formare giovani leader, direi che questa è davvero la priorità. IFAE può fare leva sulla eccellenza e la grande libertà di ricerca che caratterizzano il suo ambiente e sulla attrattività che la vivacità culturale di Barcellona manifesta verso i giovani di tutto il mondo.
Ma ci sono altri due settori su cui vorrei continuare a investire: la fisica applicata e l’outreach.
Sulla fisica applicata abbiamo straordinarie attività. Dal 1999, IFAE ha utilizzato la sua esperienza con i rivelatori di radiazioni per sviluppare dispositivi avanzati di imaging medico. IFAE si è unita alla collaborazione Medipix, con sede al CERN, ha guidato progetti europei e ha generato diversi brevetti e una società spin-off. Inoltre, IFAE è molto impegnato nelle tecnologie quantistiche a partire dal 2019. La particolare implementazione sviluppata a IFAE, l'annealing quantistico, è una delle strade più promettenti per ottenere un vantaggio rispetto ai computer convenzionali. Il gruppo IFAE ha già dimostrato la prima manipolazione di qbit coerenti, e in Spagna si è affermato come il principale gruppo sperimentale in quantum computing, coordinando due progetti H2020 e dando luce allo spinoff Qilimanjaro Quantum Technologies S.L. (QQT), che rappresenta il nostro ponte con l’industria per le applicazioni quantistiche.
Sull’outreach ho un piano di potenziamento dell’attività di IFAE, già intensa, con più personale dedicato e una più vasta serie di iniziative pubbliche.

Abbiamo parlato in particolare di due grandi progetti che rappresentano per l’Europa la possibilità di preservare la leadership nei settori della ricerca sulle onde gravitazionali e della fisica delle alte energie. Considerando i grandi progetti di big science, ma non solo, e le grandi sfide per la nostra società, come vede il futuro della fisica in Europa?
Lo vedo con fiducia, se in questo periodo storico complesso l’Europa non perde la sua natura. L’Europa ha una lunga tradizione di eccellenza nella fisica, e nella capacità di formare i  giovani alla ricerca. Questa tradizione non va persa e per questo occorre continuare a investire nella ricerca di base, motore di tutte le ricerche applicate, a promuovere con ostinazione e con la massima apertura le collaborazioni internazionali, a sviluppare con coraggio infrastrutture di ricerca ed ecosistemi di innovazione tecnologica. Non vedo segni di flessione in questo, solo qualche scricchiolio.
Voglio però allargare il discorso. Il futuro della fisica in Europa, e più in generale il futuro della scienza europea, dipenderà certamente da quanto questa continuerà a credere nell’importanza della ricerca fondamentale, ma dipenderà soprattutto da quanto vorrà difendere i suoi valori fondanti in un mondo costellato da conflitti sociali e tentazioni autoritarie. La scienza la fanno le persone, e queste sono attratte da luoghi e comunità dove non solo vige il riconoscimento del merito, ma dove le libertà fondamentali e la solidarietà sociale sono considerate come valori non negoziabili. Questi sono i valori dell’Europa sognata dai padri fondatori dopo le due guerre mondiali. Quando l’Europa nel ‘900 è caduta negli oblii autoritari, ha perso talenti ineguagliabili, come sappiamo bene.

Come ci ha già anticipato prima, la diffusione della cultura e delle conoscenze scientifiche è un valore su cui investire, e Lei vi ha sempre dedicato grande impegno. Perché ritiene sia importante condividere con la società?
Prima di tutto, perché le nostre ricerche sono finanziate con le tasse che pagano i cittadini. Credo perciò che abbiamo il dovere di comunicare, nel modo più comprensibile possibile, alle persone i risultati del nostro lavoro. Oltre il dovere, c’è anche il piacere: quello di raccontare le motivazioni delle nostre ricerche, condividere con tutti, specie con i giovani, il fascino dello studio dell’universo, delle sue componenti e forze fondamentali, la ricerca del nostro posto nel cosmo. È impagabile la soddisfazione che si prova quando comunicando si riesce a suscitare nuovi interessi nei giovani, interessi che determinano poi le loro scelte di vita. A me piace anche sperimentare forme di comunicazione e contaminazione nelle quali scienza e arte mostrano di essere due forme complementari di ricerca, unite dal fascino del mistero dell’esistenza e dal rendere visibile l’invisibile.

Qual è la sua ricetta per fare della buona ricerca scientifica?
Tre gli ingredienti fondamentali: il primo è la curiosità, la passione per la ricerca. Il secondo, lo spirito di collaborazione, verso i colleghi di qualsiasi paese. Il terzo, il senso di responsabilità, verso la società in generale, e verso gli studenti e i giovani ricercatori in particolare. Aggiungerei, come si fa a volte nei cocktail, due gocce di un altro ingrediente: l’ottimismo.

 

 

 

 

 

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