RIVELATORI INNOVATIVI PER GLI ACCELERATORI DEL FUTURO: UN ERC AL PROGETTO COMPLEX

VS CMSIntervista a Valentina Sola, ricercatrice dell’Università degli Studi di Torino e della Sezione INFN di Torino, vincitrice nel 2023 di un ERC Consolidator Grant, per un finanziamento di 1,8 milioni di euro.

L’European Research Council ha assegnato a Valentina Sola, ricercatrice dell’Università degli Studi di Torino e della Sezione INFN di Torino, un Consolidator Grant del valore di 1,8 milioni di euro, per il suo progetto di ricerca CompleX, che studierà come estendere, attraverso lo sviluppo di un design innovativo, il funzionamento dei sensori al silicio in ambienti con livelli di radiazione estremi, come quelli agli acceleratori di particelle di prossima generazione.

Gli ERC Consolidator Grant sono finanziamenti europei assegnati a ricercatori e ricercatrici eccellenti di qualsiasi nazionalità ed età, con almeno sette e fino a dodici anni di esperienza dopo il dottorato, e un curriculum scientifico promettente, che svolgono il proprio lavoro in un’organizzazione di ricerca pubblica o privata con sede in uno degli Stati membri dell’Unione Europea.

CompleX promette di avere un forte impatto sul futuro della fisica delle particelle. Abbiamo chiesto a Valentina Sola di raccontarci gli obiettivi e le aspettative di sviluppo del progetto che ha ideato.

Ci presenta il progetto CompleX? Quali sono i suoi obiettivi?

Il progetto CompleX riguarda lo sviluppo di rivelatori al silicio per gli acceleratori del futuro, come i possibili acceleratori futuri del CERN di Ginevra, il Future Circular Collider (FCC-hh) o il Muon collider, ambienti con livelli di radiazione estremi. I rivelatori al silicio sono elementi fondamentali negli esperimenti di fisica delle alte energie e oggi hanno già una grande resistenza alle radiazioni. Sono, ad esempio, già pronti i rivelatori per il futuro acceleratore del CERN, High-Luminosity LHC. Tuttavia, acceleratori come FCC-hh o il Muon Collider avranno un livello di radiazione molto più elevato e quindi per poter portare i rivelatori al silicio a funzionare in questi ambienti, dobbiamo estenderne la loro resistenza alle radiazioni. Però dobbiamo innanzitutto migliorare la nostra comprensione del danno della radiazione sul silicio, quando si trova in ambienti con i flussi di radiazione che FCC-hh potrebbe raggiungere, fino a 5x1017 particelle al centimetro quadro. Una volta che abbiamo una profonda conoscenza di quello che succede al rivelatore irraggiato, possiamo usarla per disegnare nuovi rivelatori. Quindi CompleX ha come obiettivo disegnare, costruire questi rivelatori e farli diventare una tecnologia state-of-the-art. L’obiettivo è ambizioso, basti pensare che se installassimo uno dei rivelatori al silicio di High-Luminosity LHC nello strato più interno degli esperimenti di FCC, questo riuscirebbe a sopravvivere per meno di tre mesi.

Come è arrivata a ideare questo progetto?

Qui a Torino, ho avuto la fortuna di lavorare in un ambiente molto stimolante e produttivo. In particolare, ho lavorato con Nicolò Cartiglia, ricercatore dell’INFN che, grazie a un ERC Advanced Grant, ha creato proprio il framework in cui lavorare per lo sviluppo di rivelatori innovativi. Ha portato alla nascita non solo di un gruppo di ricerca fiorente, con tante idee, ma anche di un laboratorio, in collaborazione con il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino, in cui ho potuto imparare tanto e formarmi. Inoltre, con il gruppo di Torino, ho sempre lavorato con la collaborazione RD50 del CERN, quella che ha permesso lo sviluppo degli attuali rivelatori al silicio e ha ideato la tecnologia che ha portato ai rivelatori di High-Luminosity LHC. Sono quindi cresciuta scientificamente nella comunità di ricerca che si occupa proprio dello sviluppo di nuovi rivelatori al silicio e, a un certo punto, in questa comunità è sorto un interrogativo: come costruire i nuovi rivelatori di particelle per gli acceleratori del futuro? Ho allora iniziato a provare a rispondere a questa domanda con il primo progetto di ricerca che ho ideato e coordinato: il progetto eXFlu, finanziato nel 2020 nell’ambito di un Grant Giovani della Commissione Scientifica Nazionale 5 dell’INFN, che si occupa di ricerca tecnologica. Inizialmente, al progetto lavoravano gruppi di ricerca della sezione INFN di Torino e della Fondazione Bruno Kessler (FBK) di Trento. Si è poi aggiunto anche un gruppo di ricercatrici e ricercatori dell’Università e della sezione INFN di Perugia, esperti nella simulazione e nello studio dei danni della radiazione nel silicio. Il progetto eXFlu si è così evoluto nel tempo e ha aperto la strada al progetto eXFlu-innova, finanziato nell’ambito di un bando di Blue Sky Technology di AIDAinnova, e poi alla stesura del progetto CompleX che ha oggi ricevuto questo prestigioso finanziamento dell’European Research Council.

Qual era l’idea iniziale alla base del progetto eXFlu e come si è evoluta nel progetto CompleX?

La tecnologia su cui si basano questi progetti è quella dei rivelatori LGAD (Low Gain Avalanche Diods), rivelatori innovativi che sono stati sviluppati tra il 2014 e il 2015 e hanno un guadagno moderato: si basano su un meccanismo che permette di moltiplicare il segnale al loro interno. Il segnale che esce dai rivelatori LGAD può essere più grande di cinque, dieci, venti volte rispetto al segnale in entrata, e si può facilmente controllare dall’esterno, intervenendo su un parametro detto “tensione di bias” che si fornisce ai sensori. Purtroppo, questo guadagno con l’irraggiamento diminuisce, ma abbiamo notato che alzando la manopola della “tensione di bias” quando avviene l’irraggiamento, recuperiamo il guadagno. L’idea iniziale del progetto eXFLu era di utilizzare sensori sottili che sono meno affetti dalla radiazione e hanno bisogno di una “tensione di bias” minore per raggiungere delle buone condizioni di lavoro. Purtroppo, abbiamo osservato che questi sensori quando sono irradiati da fasci di particelle si rompono sistematicamente raggiunta una certa “tensione di bias” molto alta. Abbiamo così intrapreso un’altra strada e alla base del progetto CompleX c’è un disegno innovativo dei rivelatori LGAD che sfrutta un fenomeno detto “compensazione”. Per estendere il guadagno interno ai sensori LGAD, fino a fluenze estreme, si aggiungono ai rivelatori due tipi di atomi detti “droganti” che creano delle zone di carica positiva e di carica negativa. Prima di arrivare al progetto CompleX, abbiamo però avuto bisogno di un passaggio intermedio: grazie ai progetti eXFlu ed eXFlu-innova è stato possibile realizzare il lotto di sensori eXFLu1 a FBK, che rappresenta il proof-of-concept della tecnologia degli LGAD compensati, alla base dello sviluppo proposto nel progetto CompleX.

Quali saranno le applicazioni di CompleX?

Sicuramente l’obiettivo ultimo è di impegnare i sensori che svilupperemo nei rivelatori di vertice di FCC-hh o del Muon-collider, per la zona dei rivelatori più prossima al punto di collisione. Quindi, quello che vorremmo fare è avere rivelatori di quattro dimensioni che misurino molto bene la posizione e il tempo di passaggio delle particelle in questi esperimenti. Questi rivelatori potranno poi essere impiegati in tutti gli ambienti dove la radiazione di particelle è altissima ed è necessario utilizzare un rivelatore per monitorare quello che accade. Ad esempio, potrebbero essere applicati nei futuri reattori nucleari a fusione, ora in fase di sviluppo.

Come si arriva a ottenere un finanziamento così prestigioso? Qual è stata, per lei, la chiave del successo?

Per me la chiave è stata la perseveranza. Ho presentato il progetto per tre volte prima di riuscire a ricevere il finanziamento. La prima volta nel 2020, come starting grant, poi nel 2021 come consolidator, e infine quest’anno, riuscendo a raggiungere finalmente il successo. Inoltre, la parte di scrittura ha richiesto molto studio e molto impegno. Purtroppo, ho dovuto sottrarre tempo alle vacanze e quindi alla famiglia. Ho scritto gran parte del progetto durante le scorse vacanze di Natale e per questo devo fare una menzione speciale a mia figlia che ha avuto pazienza ammirevole nel vedere sua mamma passare le vacanze a scrivere. È stato anche interessante preparare l’intervista e, in questo caso, ringrazio molto i colleghi e le colleghe per tutto l’aiuto e il supporto che mi hanno dato. Abbiamo fatto tante prove insieme e il punto di vista di tutti è stato fondamentale per il successo finale.

Come impiegherà il finanziamento ottenuto?

La gestione del finanziamento del progetto non è semplice, non solo perché è un progetto ambizioso ma anche perché ci sono tre strutture beneficiarie: l’Università degli Studi di Torino, che è l’istituzione ospitante, la Fondazione Bruno Kessler e l’INFN con le sezioni di Perugia e Torino. Sicuramente, parte del budget sarà usato per il personale, un aspetto che ritengo molto importante, perché non è solo una visione sul presente, ma una visione sul futuro. Avremo l’opportunità di assumere nuove persone, nuovi giovani ricercatori e ricercatrici e insegnare loro l’arte di sviluppare rivelatori di particelle. Inoltre, ovviamente, ci sono costi legati alla produzione dei sensori e alle apparecchiature da comprare. Per fortuna siamo partiti da basi solide, abbiamo dei laboratori che funzionavano bene e questo ci ha permesso di raggiungere questo risultato, ma vogliamo impreziosirli ulteriormente, potenziando le infrastrutture che abbiamo. Senza dimenticare le spese legate ai viaggi e alla diffusione dei risultati che otterremo alla comunità scientifica.

Quali difficoltà si aspetta di dover affrontare nel corso dei cinque anni di durata del progetto?

Le difficoltà principali che mi aspetto sono legate alla parte scientifica. Nello sviluppo del progetto potrebbe, ad esempio, emergere un fenomeno che dimostra che non possiamo andare nella direzione prevista e dobbiamo cambiare strategia, com’era successo durante il progetto eXFlu. Questa sarebbe la sfida più difficile da affrontare ma credo che con la discussione e il lavoro all’interno del gruppo si riusciranno ad aprire altre strade a cui non avevamo ancora pensato.

A livello personale, che cosa significa per lei aver ricevuto questo finanziamento?

È sicuramente una grandissima gioia e un grandissimo orgoglio, ma ho l’impressione di dover ancora scoprire giorno per giorno la portata di questo di questo traguardo. Sono molto grata a chi mi ha permesso di raggiungerlo. La squadra in cui lavoro è stata per me una parte importante del successo e le persone a cui sono più grata sono le persone con cui collaboro, che mi hanno formato e che mi permettono di fare la mia ricerca giorno per giorno. Ora, ho molta voglia di iniziare questo progetto perché penso che sarà una bellissima avventura.

 

 

 

 

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