ASIX, UN INNOVATIVO RIVELATORE A RAGGI X PER LA RICERCA INDUSTRIALE

pederivacIntervista a Luca Baldini, ricercatore dell’Università e dell’INFN di Pisa e Principal Investigator del progetto ASIX

 

Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ha recentemente assegnato un finanziamento del valore di 1.531.691,47 euro al progetto ASIX, per lo sviluppo di un innovativo rivelatore di raggi X, nell’ambito della prima edizione del bando del MUR relativo al FISA, Fondo Italiano delle Ricerche Applicate, il cui obiettivo è la promozione della competitività del sistema produttivo nazionale attraverso la valorizzazione della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale.

Il progetto ASIX, della durata di quattro anni, si svolgerà presso la Sezione di Pisa dell’INFN, ed è stato finanziato nell’ambito della macroarea Spazio del FISA. Abbiamo chiesto a Luca Baldini, ricercatore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa e dell’INFN, di raccontarci gli obiettivi del progetto di cui è Principal Investigator.

Quali sono gli obiettivi del progetto ASIX?

L’obiettivo del progetto è quello di costruire un nuovo rivelatore a raggi X, che metta insieme lo stato dell’arte degli attuali rivelatori in termini di risoluzione spaziale ed energetica, ma soprattutto che riesca a processare i fotoni uno alla volta con un alto tasso di conteggio globale. Questa sarebbe una grande innovazione perché leggendo un fotone per volta, riusciremmo a eliminare una serie di problemi. Ad esempio, non ci troveremmo più di fronte alla difficoltà di non riuscire a distinguere due fotoni che, arrivando nello stesso punto o in punti molto vicini del rivelatore, si mescolano fino a diventare praticamente indistinguibili. Nel nostro futuro rivelatore, saremo in grado di leggere una piccolissima frazione della matrice del rivelatore, riuscendo così a ovviare al problema che accennavo.

La nostra scommessa è quella di riuscire a fare tutto questo a una velocità interessante per le applicazioni che abbiamo in mente: l’obiettivo è di riuscire a leggere il segnale che arriva nel rivelatore in qualche microsecondo in una architettura sufficientemente parallelizzata.

Come siete arrivati a ideare questo progetto?

L’idea di sviluppare questo progetto è venuta in modo abbastanza naturale. La strategia di lettura che ho descritto è una cosa su cui qui, a Pisa, abbiamo lavorato negli ultimi vent’anni. È questa, ad esempio, l’architettura con cui funzionano i rivelatori del piano focale di IXPE, la missione spaziale della NASA e dell’Agenzia Spaziale Italiana lanciata nel dicembre 2021, dedicata allo studio della polarizzazione dei raggi X. Dopo aver sviluppato i rivelatori di IXPE che, sono rivelatori a gas, abbiamo pensato di utilizzare lo stesso tipo di chip impiegato in questa missione per realizzare dei rivelatori a stato solido. In questo caso, perderemmo la capacità di misurare la polarizzazione, ma in compenso miglioreremmo di molto la risoluzione energetica e in posizione del rivelatore e riusciremmo a essere molto più veloci. È così che è nata l’idea alla base di ASIX.

Dove potranno trovare applicazione i rivelatori di ASIX?

L’idea fondamentale del progetto è quella di sviluppare un rivelatore per le future missioni spaziali nel campo dei raggi X per fare spettroscopia e imaging, ovvero per misurare l’energia e la direzione dei raggi X. Questo è uno sviluppo ovvio, tant’è vero che il progetto ha ricevuto il finanziamento del MUR nell’ambito dello sviluppo di tecnologie per lo spazio.

Tuttavia, questa non è l’unica possibile applicazione. Al termine di ASIX, avremo un rivelatore a raggi X in grado di misurare con altissima precisione energia, posizione e tempo di arrivo dei fotoni. Quindi, mi vengono subito in mente possibili applicazioni nella diagnostica dei materiali o nella diffrazione dei raggi X, che è una tecnica utilizzata per caratterizzare alcuni tipi di materiali, come i solidi cristallini.

Non escludo la medicina, anzi ho già iniziato a parlare di possibili applicazioni nella diagnostica con alcuni colleghi e colleghe qui a Pisa, ma questa non è la prima applicazione che mi viene in mente, perché in medicina la velocità è di solito uno dei fattori più importanti, e per come è ideato il nostro rivelatore è intrinsecamente difficile essere molto veloci con questo approccio. Le applicazioni biomediche, come per esempio la micro-tomografia computerizzata, potranno invece sfruttare competitivamente l’accuratezza e la ricchezza di informazioni fornite dal rivelatore su energia, imaging e misura del tempo di arrivo.

ASIX ha di recente ricevuto un importante finanziamento dal MUR, nella prima edizione del bando relativo al Fondo Italiano delle Ricerche Applicate. A suo avviso, perché il progetto è stato giudicato promettente?

Credo che il progetto sia stato finanziato perché proponiamo un’idea valida e innovativa e, soprattutto, perché siamo riusciti a dimostrare che nei quattro anni di durata del progetto riusciremo a raggiungere i risultati prefissati, arrivando a realizzare nei tempi previsti il rivelatore che abbiamo proposto.

Questo sarà possibile grazie a due fattori. Il primo è che a Pisa abbiamo un piccolo gruppo di persone molto coeso che ha dimostrato di essere in grado di seguire in autonomia tutte le fasi che portano all'implementazione e alla messa in opera del rivelatore: dalla produzione dei sensori, dei chip, dell’elettronica di acquisizione fino all’accoppiamento di questi elementi e all’accensione del rivelatore. Il secondo aspetto è l’esperienza che abbiamo accumulato in vent’anni di attività in questo settore, grazie alla quale siamo riusciti a documentare che abbiamo tutte le competenze cui accennavo, e che il nostro è un progetto non speculativo, a basso rischio. In più, non cominciamo da zero, abbiamo già un chip (quello che abbiamo sviluppato per IXPE) che ha lo stesso concetto di lettura del chip di cui avrà bisogno ASIX: quindi partiremo da quello per sviluppare il nuovo progetto.

Ci tengo a sottolineare che, a mio avviso, il progetto è stato valutato positivamente proprio perché nella nostra proposta abbiamo messo in evidenza il valore del gruppo di persone che avrebbero lavorato al progetto, e non solo quello del Principal Investigator.

 

Come impiegherete il finanziamento ottenuto? E come sarà strutturato il progetto?

ASIX è un progetto hardware, quindi abbastanza peculiare in questo periodo. Di conseguenza, la stragrande maggioranza del finanziamento sarà impiegata per disegnare e produrre tutti gli elementi necessari per il rivelatore: dalla produzione del nuovo sensore a stato solido alla creazione di un nuovo chip di lettura compatibile con il nuovo sensore, fino all’accoppiamento di questi due elementi.

Il progetto si articolerà in due fasi. In primo luogo, svilupperemo il nuovo sensore al silicio e lo accoppieremo a un chip che abbiamo già, ovvero al chip che abbiamo realizzato per IXPE. Vedremo come funziona e sulla base dei risultati che otterremo, disegneremo il nuovo chip che sarà l’anima del progetto ASIX. Chiaramente un progetto di questa portata avrà anche bisogno di persone e pensiamo di inserire nel nostro gruppo di lavoro una o due nuove unità.

Come Principal Investigator, quali difficoltà si aspetta di dover affrontare nel corso dei quattro anni di durata del progetto?

Sono certo che le difficoltà tecniche non mancheranno, ad esempio, potremmo riscontrare dei problemi quando accenderemo per la prima volta i vari componenti e li accoppieremo tra loro. Tuttavia, sono sicuro che saremo capaci di affrontarle con un po’ di inventiva, come abbiamo sempre fatto.

Quali risultati vi aspettate di ottenere al termine di questi quattro anni?

Alla fine del progetto, noi vorremo avere un prodotto di interesse per il mondo dell’industria: un rivelatore con un alto livello di ingegnerizzazione, non solo un prototipo che funziona in laboratorio e di utilizzo esclusivo per la comunità scientifica. Per questo motivo, fin dalla stesura della proposta di questo progetto siamo stati in contatto con il gruppo del Trasferimento Tecnologico dell’INFN, con l’obiettivo cercare di sfruttare al meglio i risultati che potremo ottenere.

 

A suo avviso, qual è la ricetta per realizzare tecnologie di successo che possono sia portare avanti la ricerca in fisica fondamentale, sia essere utili in altri campi?

Nel nostro caso, la cultura che abbiamo maturato lavorando per anni in progetti spaziali, con Fermi prima e con IXPE poi, è stato un fattore importante. Il settore spaziale è molto strutturato e caratterizzato da una documentazione formale molto accurata, e imparare a lavorare in questo ambito ci ha aiutato a confrontarci anche con realtà industriali.

Ritengo, però, che alla base del nostro successo ci sia soprattutto uno dei punti di forza dell’INFN, di cui sono molto orgoglioso. All’INFN siamo ancora in grado di “costruire cose”. Qui a Pisa, ad esempio, abbiamo tutto quello che serve per sviluppare un rivelatore: camera pulita, officina meccanica, alta tecnologia, personale con competenze tecniche eccezionali. Siamo quindi in grado di costruire in casa un sistema che funziona e questo ci permette di tagliare notevolmente i tempi e i costi.

Lo sviluppo di un progetto come ASIX procede per trial and error, tentativi ed errori. Se ogni volta che riscontriamo un errore nel nostro sistema dovessimo interagire con un fornitore esterno, allungheremmo notevolmente i costi e i tempi. Il nostro ciclo di trial and error qui dura una giornata: oggi abbiamo commesso un errore, domani correggiamo l’errore e ricostruiamo un sistema funzionante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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