Intervista a Daniel Schulte, ricercatore del CERN e responsabile dello studio per il Muon Collider
In Europa, la comunità di fisica delle particelle sta studiando la possibilità di realizzare un collisore di particelle basato su una nuova tecnica e che potrebbe avere un enorme potenziale per scoperte e misure di precisione alla frontiera dell’energia: il Muon Collider, ossia un acceleratore in cui vengono accelerati e fatti collidere muoni di opposta carica elettrica. Di questo progetto si è parlato anche nel workshop nazionale italiano “L'INFN e la Strategia Europea per la Fisica delle Particelle”, che si è tenuto il 6 e 7 maggio a Roma e che ha visto una grande partecipazione della comunità scientifica, compresi giovani ricercatori e ricercatrici. Durante il workshop abbiamo incontrato Daniel Schulte, ricercatore del CERN che sta coordinando lo studio di fattibilità per il Muon Collider.
Ci può descrivere il progetto del Muon Collider?
Tradizionalmente, facciamo collidere elettroni e positroni, o protoni. Ora invece stiamo cercando di costruire un collisore di muoni. Per molti aspetti, i muoni si comportano come gli elettroni ma, essendo più pesanti, non subiscono perdite di energia per radiazione di sincrotrone e quindi possono raggiungere energie di collisione più elevate. Questo è il principale vantaggio della costruzione di un collisore di muoni. Lo svantaggio è che i muoni sono instabili, hanno una vita media breve e quindi bisogna accelerare e far collider queste particelle in tempi più brevi del loro tempo di vita.
Quali sono le sfide principali per riuscire a realizzare un collisore di muoni?
Tutte le sfide derivano dal fatto che la preparazione dei fasci di muoni fino all’energia di collisione deve essere fatta, appunto, molto rapidamente. I muoni vengono prodotti inviando protoni su un bersaglio da cui si producono pioni, che decadono in muoni. Tuttavia, i muoni arrivano come una “pioggia”, non in un fascio ordinato, ma piuttosto in una sorta di spray. Per questo motivo, essi devono essere “raffreddati”, cioè si deve intervenire per rendere più compatti questi fasci, e ciò deve essere fatto molto velocemente prima che decadano. Questo raffreddamento lo realizziamo facendoli attraversare dei sottili bersagli di materiale, cosa che non si può fare con altre particelle utilizzate negli acceleratori. Poi li acceleriamo rapidamente, il che significa che in pochi millisecondi devono raggiungere la massima energia. Infine, facciamo collidere i muoni contro gli antimuoni prima che essi decadano (abbiamo qualche decina di millisecondi per farlo). Questo processo di raffreddamento è qualcosa che non è mai stato fatto prima, ci sono stati solo alcuni test che hanno avuto successo. Questa fase di rapida accelerazione è impegnativa. Infine, vogliamo che il collisore sia il più piccolo possibile, in modo che i muoni e gli antimuoni possano fare il maggior numero di giri possibile prima del decadimento, in modo tale da aumentare il numero di collisioni. Le sfide principali sono quindi: la progettazione della tecnologia di raffreddamento, le dimensioni dell'acceleratore e i magneti molto potenti di cui abbiamo bisogno. Sono necessari magneti in grado di accelerare le particelle in pochissimo tempo, perché abbiamo bisogno che i fasci siano disponibile per le collisioni molto rapidamente.
A che cosa state lavorando in questo momento? E come è organizzato il vostro lavoro?
Attualmente stiamo lavorando sui moduli di raffreddamento, che devono essere molto compatti perché il percorso dei muoni deve essere il più breve possibile. Poi, dobbiamo integrare i solenoidi di focalizzazione, magneti superconduttori con cavità di accelerazione molto potenti, che producono elevati campi elettrici longitudinali. Stiamo quindi iniziando a progettare un sistema di questo tipo, in modo da poterlo testare sperimentalmente. E un gruppo di ricerca dell’INFN di Milano sta conducendo questo studio. Prima di lavorare su questo, abbiamo realizzato due progetti per i magneti ad accelerazione rapida. In questo caso, il problema principale è che l'energia immagazzinata nei magneti è elevata e vogliamo recuperarla nel nostro sistema, senza sprecarla. Abbiamo quindi progettato un sistema in grado di estrarre l'energia dal magnete e di reinserirla in un momento successivo con poche perdite. Per i magneti ci stiamo concentrando su nuovi superconduttori ad alta temperatura, perché riteniamo che siano migliori sul lungo termine. Inoltre, abbiamo bisogno di campi elevati (più alti di quelli forniti da altri superconduttori), quindi per il momento stiamo provando cavi superconduttori e cercando di confrontarli e di trovare modi per migliorare questa tecnologia.
Quanto dovrebbe essere grande il nuovo collisore?
L'anello del collisore potrebbe essere dell'ordine di decine di chilometri di circonferenza se arrivassimo a 10 TeV, il che sarebbe paragonabile a un collisore di adroni da 100 TeV in termini di potenzialità di scoperta, approssimativamente. L'anello dell'acceleratore sarebbe un po' più grande di LHC, circa 30 km, a causa dei magneti addetti a produrre l’accelerazione dei fasci. Stiamo valutando se il tunnel di LHC, lungo 27 km, possa essere riutilizzato per questo scopo. Anche se è leggermente più piccolo, sarebbe più facile utilizzare un tunnel già esistente. Il Muon Collider sarebbe molto più compatto di altri acceleratori che hanno potenziali di scoperta simili.
Quanto è grande la collaborazione internazionale per il Muon Collider?
Attualmente abbiamo circa 50 istituti che sono membri a pieno titolo della Collaborazione, e una decina di istituti che stanno per firmare un accordo o che stanno contribuendo senza un accordo formale. Nel nostro ultimo articolo, che riassume il lavoro svolto negli ultimi due anni, abbiamo 388 autori, che hanno tutti contribuito allo studio. Quindi, la collaborazione non è così piccola, ma il nostro budget è relativamente basso e le persone stanno facendo molto lavoro volontario.
Come sta contribuendo l'INFN al Muon Collider?
L'INFN è molto attivo nella collaborazione. Certamente, per quanto riguarda la fisica e lo sviluppo dei rivelatori, l'INFN sta guidando questo processo. Inoltre, in termini di tecnologia di raffreddamento, integrando solenoidi ad alto campo con le cavità, questa attività è guidata dall'INFN e dal suo gruppo di Milano (LASA).
Quali sono le vostre aspettative per il futuro?
Ci auguriamo che, dal momento che abbiamo intensificato questo sforzo negli ultimi 2 o 3 anni, anche l'Unione Europea aiuti il progetto contribuendo con un budget, e vorremmo che questo budget continuasse ad aumentare. L'obiettivo è quello di preparare la tecnologia in modo che al massimo tra 15 anni tutto sia abbastanza maturo da permettere il finaziamento e la costruzione di un’infrastruttura di questo tipo. Inoltre, alla fine dello scorso anno, la proposta strategica del Particle Physics Project Prioritization Panel (P5) degli Stati Uniti ha raccomandato che gli Stati Uniti si uniscano alla Collaborazione per il Muon Collider, e prendano in considerazione la possibilità di ospitare il Muon Collider presso un laboratorio americano. In questo modo, il Muon Collider potrà essere un'opzione non solo per l'Europa, ma anche per gli Stati Uniti.
Avete dei concorrenti? Ci sono altri gruppi scientifici che stanno studiando un collisore di muoni?
No, al momento credo che ci sia un consenso sul fatto che sia importante unire le forze per la ricerca e lo sviluppo sul Muon Collider e poi, a un certo punto, forse ci sarà una competizione su quale Paese lo ospiterà. Siamo certamente in competizione per le risorse con altri progetti che utilizzano approcci diversi. In termini di portata scientifica, siamo in competizione con FCC-hh e con il CepC cinese. Altri concorrenti potrebbero essere i collisori lineari, tuttavia, le loro proposte si spingono fino a 3 TeV, non raggiungendo quindi le energie di cui abbiamo bisogno. Per quanto riguarda il Muon Collider, considereremmo i 3 TeV come una potenziale energia di partenza, mentre per i collisori lineari si tratterebbe dell'energia finale.
Che cosa si potrebbe studiare con il collisore di muoni?
Ci sono diverse possibilità, ad esempio possiamo fare più indagini sul bosone di Higgs, possiamo misurare l'autoaccoppiamento del bosone di Higgs. Un vantaggio del collisore di muoni, rispetto al collisore di protoni, è che ha a disposizione l'intera energia fornita alla particella, mentre, poiché i protoni sono particelle composite, in un collisore di protoni è disponibile solo una frazione dell’energia di collisione per produrre nuove particelle. Avremmo un grande potenziale di scoperta, ad esempio con il bosone Z' previsto da alcune teorie che vanno oltre il Modello Standard (SM), che è simile al bosone Z0, ma che può essere misurato solo indirettamente in collisori con energie più basse di quella necessaria alla sua produzione. Il collisore di muoni è una macchina per l'esplorazione, una macchina per la scoperta e, allo stesso tempo, è una macchina di precisione come un collisore di elettroni-positroni.