Nel recente passato, missioni spaziali - già concluse o ancora in corso – dedicate allo studio dei segnali astrofici nello spettro delle alte energie hanno rivelato una serie di enigmatici eccessi rispetto alle previsioni fornite dai modelli teorici legati all’interazione dei raggi cosmici con il mezzo interstellare. Al fine di trovare una spiegazione per tali anomalie, molte sono state le soluzioni proposte. Tra le più suggestive, vi è certamente quella che invoca il contributo prodotto dall’elusiva materia oscura. Due recenti studi teorici condotti da Mattia di Mauro, ricercatore della sezione di Torino dell’INFN, uno dei quali apparso oggi su Physical Review D (PRD), confermano come questa ipotesi sia compatibile con le misure degli eccessi, dimostrando inoltre come essa non sia confutata assumendo modelli alternativi volti a giustificare le discrepanze tra dati teorici e osservativi. I risultati ottenuti si basano su un’innovativa e raffinata analisi dei dati acquisiti negli ultimi 11 anni dallo strumento principale a bordo del telescopio spaziale NASA Fermi, il Fermi Large Area Telescope (LAT), e dal confronto di quest’ultima con le misure di altre anomalie astronomiche registrate nei raggi cosmici dal telescopio spaziale Pamela e dall’esperimento Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02) a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, collaborazioni internazionali in cui l’INFN ha svolto e continua a svolgere un ruolo decisivo.
A partire da 2009, anno in cui le misure di Fermi evidenziarono un surplus di fotoni con energie pari o superiori al GeV (duemila volte la massa di un elettrone) provenienti dal centro della nostra galassia, la comunità astrofisica ha tentato di risolvere il problema del cosiddetto eccesso di raggi gamma indicando soluzioni differenti, tra cui la presenza di un gruppo di migliaia di pulsar deboli nei dintorni del centro galattico, la produzione di fotoni da raggi cosmici emessi dal centro galattico o l’eventuale contributo gamma fornito dalla componente di materia oscura. Interpretazioni giustificate da indagini condotte sul flusso dell’eccesso di radiazione gamma in funzione dell’energia. Tali analisi erano tuttavia soggette a una grande incertezza, poiché facevano riferimento a modelli della componente di base della radiazione gamma, il cosiddetto ‘diffuso astrofisico’, prodotto dai raggi cosmici o da sorgenti note, che, per quanto in grado di includere una certa variabilità, non garantivano la solidità dei risultati prodotti e delle ipotesi elaborate a partire da essi.
Per rendere più precisa la descrizione delle proprietà del flusso dell’eccesso gamma e di valutare se queste ultime possano essere davvero compatibili con l’ipotesi della presenza di materia oscura, lo studio pubblicato su PRD si è affidato al più ampio insieme di dati raccolti fino a allo scorso anno dalla campagne osservative di Fermi-LAT, utilizzando una tecnica di analisi capace di minimizzare le incertezze dovute al diffuso considerato, più fedele alle possibili condizioni che potrebbero caratterizzare il centro galattico in quanto risultato dell’adozione di più modelli. “La metodologia di analisi impiegata” spiega Mattia di Mauro, “ha fornito indicazioni molto rilevanti in merito alla distribuzione spaziale dell’eccesso di radiazione gamma, la quale può spiegare cosa generi la sovrabbondanza di fotoni ad alte energie nel centro galattico. Se l’eccesso fosse per esempio causato dall’interazione tra raggi cosmici e atomi, ci si aspetterebbe infatti di osservare una sua maggiore distribuzione spaziale a energie più basse e una sua minore diffusione a energie più alte, a causa delle dinamiche di propagazione dei fotoni. Il mio studio sottolinea invece come la forma della distribuzione spaziale dell’eccesso non cambi in funzione dell’energia. Questo aspetto non era mai stato osservato prima e con tale precisione e rappresenta una possibile conferma dell’interpretazione di materia oscura, in quanto l’alone che dovrebbe contenere le particelle di cui potrebbe essere composta si ipotizza rimanga uguale a sé stesso. Una prova a favore della natura particellare della materia oscura riguarda inoltre il fatto che l’analisi mostra chiaramente come l’eccesso gamma sia centrato nel centro galattico, un’evidenza che concorda con le tesi di una maggiore concentrazione di particelle di materia oscura nel cuore della via Lattea.”
In un secondo articolo, che verrà anch'esso pubblicato a breve su PRD, la validità dell’ipotesi secondo cui la materia oscura potrebbe rappresentare la sorgente dell’eccesso di variazione gamma è stata inoltre testata grazie alle previsioni di un modello più ampio in grado di descrivere la possibile fisica delle particelle di questa elusiva componente dell’universo e i possibili risultati prodotti a seguito della loro interazione. Un modello teorico la cui consistenza è stata infine verificata dimostrando come la possibile esistenza di questo tipo di materia oscura non sia confutata dalle altre anomalie registrate nel diffuso astrofisico: quali l’eccesso di positroni misurato da Pamela e da AMS-02, se imputato a un surplus di materia oscura; o la mancata rivelazione di fotoni ad alta energia provenienti da galassie nane vicine alla nostra, i moti stellari delle quali indicano un’alta concentrazione di materia oscura. “Sulla base del modello fisico elaborato in questo secondo studio”, prosegue Di Mauro, “dopo aver considerato risultati diversi per l’interazione e l’annichilazione delle particelle di materia oscura, alternative che precederebbero la produzione dei fotoni ad alta energia, abbiamo verificato quali di queste possibilità si accordasse meglio con l’eccesso gamma nel centro galattico, con il surplus di positroni e con la mancata rivelazione di fotoni dalle galassie nane. Un confronto che ha reso possibile derivare le proprietà che potrebbero contraddistinguere la materia oscura, proprietà compatibili con gli eccessi di segnale provenienti dal centro galattico e con i limiti superiori determinati dai dati riguardanti le particelle note.”
Link: https://journals.aps.org/prd/abstract/10.1103/PhysRevD.103.063029 - https://arxiv.org/abs/2101.11027