Nel cuore di quasi tutte le galassie dell’universo si nasconde un buco nero supermassiccio, con una massa pari a milioni o addirittura miliardi di volte quella del Sole. Ma non tutti i buchi neri supermassicci sono uguali: ne esistono di diversi tipi e i quasar, o oggetti quasi-stellari, sono tra i più luminosi e attivi che si conoscano. Un gruppo internazionale di ricerca ha pubblicato nuove osservazioni del primo quasar mai identificato, noto come 3C 273, scoperto negli anni Sessanta in direzione della costellazione della Vergine. Il nuovo studio, pubblicato oggi su The Astrophysical Journal, riesce a mostrare le zone più interne e profonde del potente getto di plasma emesso dal quasar, vicino al buco nero centrale, alla massima risoluzione angolare finora ottenuta.L’osservazione è stata possibile grazie all’utilizzo di una rete strettamente coordinata di antenne radio in tutto il mondo, una combinazione del Global Millimeter VLBI Array (GMVA) e dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) in Cile.
“Le nuove immagini mostrano il getto di 3C 273 con un livello di dettaglio mai raggiunto prima”, commenta l'astrofisico Ciriaco Goddi, docente all’Università di Cagliari e ricercatore associato presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’INAF, che ha partecipato allo studio in qualità di responsabile dell'osservazione, della calibrazione e dell'analisi dei dati ALMA, in collaborazione con il Centro regionale europeo ALMA a Leiden (Paesi Bassi) e con l'Osservatorio Haystack del MIT americano. “In particolare, grazie alla combinazione del Global Millimeter VLBI Array e di ALMA, possiamo avere finalmente accesso alla base di questi potentissimi getti e studiare il loro meccanismo di accelerazione e collimazione che, da 50 anni a questa parte, rimane un problema irrisolto dell’astrofisica moderna”.
I buchi neri supermassicci attivi emettono getti di plasma collimati e incredibilmente potenti che si propagano nello spazio a velocità prossime a quella della luce. Questi getti sono stati studiati per molti decenni, ma alcuni dettagli sulla loro formazione non sono ancora del tutto chiari. In particolare, non è ancora stato compreso come e dove avvenga la collimazione dei getti, una proprietà che permette loro di raggiungere enormi distanze, ben oltre la galassia ospite, e quindi di influenzare l’evoluzione della galassia stessa. Le nuove osservazioni sono ad oggi le più profonde nel cuore di un buco nero, proprio nelle regioni dove il flusso di plasma viene collimato in uno stretto fascio. L’immagine del getto di 3C 273 permette agli scienziati di vedere, per la prima volta, la parte più interna del getto in un quasar, luogo dei processi fisici che danno luogo alla collimazione o restringimento del fascio di plasma. I ricercatori hanno inoltre scoperto che l’angolo del flusso che fuoriesce dal buco nero si restringe su una distanza molto lunga. Questo restringimento del getto continua incredibilmente lontano, ben oltre l’area in cui domina la gravità del buco nero.
Le nuove immagini del getto di 3C 273 sono incredibilmente nitide grazie all’inclusione dell’array ALMA nella rete intercontinentale di radiotelescopi che ha realizzato le osservazioni. Il GMVA e ALMA sono stati collegati attraverso la tecnica dell'interferometria a lunghissima linea di base (VLBI) per ottenere informazioni estremamente dettagliate su sorgenti astronomiche distanti. La notevole capacità VLBI di ALMA è stata resa possibile dal team dell’ALMA Phasing Project (APP), guidato dal MIT Haystack Observatory, che ha sviluppato l’hardware e il software per trasformare ALMA, un array di 66 telescopi, nella stazione di interferometria astronomica più sensibile al mondo. La raccolta dei dati a queste lunghezze d’onda aumenta notevolmente la risoluzione e la sensibilità dell’array. Questa capacità è stata fondamentale anche per realizzare le immagini dei buchi neri con EHT.
Questo studio apre la strada a ulteriori esplorazioni dei processi di collimazione del getto in altri tipi di buchi neri. I dati ottenuti a frequenze più elevate, tra cui 230 e 345 GHz con EHT, permetteranno agli scienziati di osservare dettagli ancora più minuti nei quasar e in altri buchi neri.