Sebbene oggi meno luminoso e attivo rispetto ai suoi consimili, secondo quanto stabiliscono le osservazioni che hanno tentato fino a oggi di descriverlo, Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia e a noi più vicino, potrebbe celare un passato più burrascoso, anche se di breve durata. A sostenerlo l’ultimo risultato ottenuto grazie all’analisi dei preziosi dati forniti da IXPE, telescopio frutto della collaborazione tra NASA e ASI Agenzia Spaziale Italiana, INFN e INAF Istitututo Nazionale di Astrofica. In un articolo pubblicato mercoledì 21 giungo sulla rivista Nature, la collaborazione IXPE riporta infatti come il grado di polarizzazione della luce emessa dalle gigantesche nubi di gas presenti nelle vicinanze di Sagittarius A*, misurato con precisione dai rivelatori dell’osservatorio spaziale, sia compatibile con un intenso e temporaneo periodo di attività del buco nero, che ha determinato un aumento della sua velocità di accrescimento e una conseguente emissione di raggi X, risalente a circa 200 anni fa.
La maggior parte delle 'nubi molecolari', questo il nome con cui vengono indicati i giganteschi ammassi di polveri situati nelle vicinanze dei nuclei galattici, sono solitamente contraddistinte da una bassa luminosità, che denota il loro essere oggetti per lo più freddi e inerti. Studi recenti hanno tuttavia dimostrato come le nubi molecolari al centro della nostra gallassia emettono raggi X. Un comportamento che ha spinto i ricercatori a formulare delle possibili spiegazioni.
Nel 2022, per comprendere meglio il fenomeno, lo sguardo di IXPE, che misura la polarizzazione della luce nei raggi X, ovvero la direzione e l'intensità media del campo elettrico delle onde luminose, è stato rivolto per due volte, nei mesi di febbraio e marzo, verso queste strutture. Quando gli astronomi hanno combinato i dati ottenuti con le immagini del satellite X Chandra della NASA, confrontandoli con le osservazioni di archivio della missione XMM-Newton dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), hanno potuto isolare il segnale nei raggi X riflesso e scoprirne il punto di origine esatto.
“IXPE è il primo strumento in grado di misurare la polarizzazione di sorgenti deboli, come le nubi molecolari della Via Lattea”, ricorda Luca Latronico, che ha coordinato per l’INFN la costruzione delle unità di volo di IXPE, “ma è anche in grado di misurare la forma e l’energia di sorgenti estese di raggi X, seppure con minore risoluzione rispetto agli osservatori ottimizzati per queste classiche misure astronomiche. La mappa morfologica e spettrale della regione viene quindi confermata da IXPE, ma si arricchisce della necessaria informazione sulla geometria del sistema per spiegare l’emissione come il riflesso della passata attività del centro galattico riprocessato dalle nubi molecoari”.
I dati raccolti da IXPE sembrano perciò confermare l’ipotesi secondo cui l’inusuale bagliore sia il riflesso di un lampo di luce a raggi X emesso da Sagittarius A* e scomparso da tempo, il quale indicherebbe un passato risveglio temporaneo del buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, probabilmente causato dall’accrescimento del buco nero a seguito dell’assorbimento di parte del gas di quelle nubi.
I dati hanno inoltre contribuito a effettuare una stima della luminosità e della durata del bagliore originale, suggerendo che l'evento potrebbe essersi verificato circa 200 anni fa, più o meno all'inizio del XIX secolo. Ulteriori osservazioni potrebbero confermare il risultato riducendo l’incertezza delle misurazioni e fornendo informazioni sulla dimensione e distribuzione delle nubi molecolari che circondano Sagittarius A*.
“Questo risultato segna un altro importante successo della missione IXPE”, spiega il responsabile scientifico della missione per l’INFN Luca Baldini, “che a partire dal suo lancio nel dicembre 2021 non ha mai smesso di fornire informazioni determinati per la comprensione delle proprietà di diversi sorgenti astrofisiche, dimostrando l’efficacia dell’innovativo complesso di rivelatori che compongono la sua strumentazione, alla cui progettazione e realizzazione l’INFN, grazie alle capacità di trasferire tecnologiche maturate nella fisica delle particelle in ambito spaziale, ha fornito un contributo fondamentale attraverso le Sezioni INFN di Pisa e Torino”.