Oggi, 14 febbraio, la missione spaziale Euclid dell’ESA, lanciata in orbita lo scorso 1° luglio, e alla quale l'Italia partecipa con l'ASI, l’INFN e l’INAF, inizia la sua esplorazione dell’universo oscuro.
Uno dei punti di forza di Euclid, tra i telescopi spaziali più precisi e stabili mai costruiti, risiede nel fatto di essere in grado di osservare un’ampia area di cielo in una sola volta: questo è fondamentale per una missione il cui obiettivo primario è mappare più di un terzo del cielo.
Euclid seguirà la cosiddetta modalità di osservazione “step-and-stare”. Ciò significa che il telescopio fisserà una zona del cielo per circa 70 minuti, producendo immagini e spettri, e poi impiegherà quattro minuti per spostarsi alla zona successiva. Durante tutta la sua missione, prevista durare sei anni, Euclid eseguirà più di 40 mila di questi “puntamenti”, osservando la forma di circa 50 mila galassie alla volta, e arriverà così a studiare complessivamente miliardi di galassie risalendo la storia del cosmo fino a 10 miliardi di anni fa. La maggior parte del tempo di osservazione sarà dedicato a indagini a campo ampio, che saranno completate da indagini di campo profondo, che impegneranno Euclid per il 10% del tempo.
I primi mesi nello spazio di Euclid sono serviti ai gruppi di lavoro di tutta Europa per avviare, testare e preparare la missione per le osservazioni scientifiche che, appunto, oggi prendono avvio. Successivamente al lancio, subito dopo aver acceso gli strumenti di Euclid per la prima volta, la collaborazione scientifica dell’esperimento si è resa conto che c’era un problema, per risolvere il quale è stato necessario rivedere il progetto dell’intera indagine. Il problema risiedeva nel fatto che una piccola quantità di luce solare indesiderata raggiungeva lo strumento visibile di Euclid (VIS) ad angoli specifici, anche con lo schermo solare della navicella (la sua parte posteriore) rivolto verso il Sole. Grazie a successive indagini, i gruppi scientifici, ingegneristici e industriali hanno compreso che per eliminare questa luce era necessario che Euclid osservasse con un orientamento diverso rispetto al Sole, ossia con un angolo di rotazione più ristretto, in modo tale che il parasole non fosse direttamente rivolto verso il Sole: un’inclinazione piccola ma di grande impatto in una direzione. Con questo nuovo assetto ristretto, parti del cielo non potevano essere raggiunte da nessun punto dell’orbita di Euclid attorno a L2. Era necessario, quindi, elaborare una nuova strategia osservativa, che doveva essere poi implementata e testata. Alla fine, la collaborazione ha trovato la soluzione: effettuare più sovrapposizioni tra osservazioni adiacenti. Il rilevamento di Euclid è ora leggermente meno efficiente, ma è possibile raggiungere tutte le aree necessarie del cielo e la perdita complessiva nell’area di rilevamento è ridotta al minimo. Inoltre, il lavoro di ottimizzazione della nuova strategia di indagine proseguirà man mano che la missione avanzerà e arriveranno i risultati scientifici.
Attualmente è previsto che, nel corso delle prossime due settimane, il telescopio osservi un’area di 130 gradi quadrati – più di 500 volte l’area della Luna piena – nella direzione delle costellazioni di Caelum e Pictor nell’emisfero australe. Mentre, nel corso del prossimo anno Euclid coprirà circa il 15% dell’area complessiva di indagine, e i relativi dati saranno rilasciati alla comunità scientifica nell’estate del 2026. Ma già per la primavera del 2025 è previsto un primo rilascio parziale di dati sulle osservazioni di campo profondo.