Nuclei di atomi leggeri di antimateria possono viaggiare indisturbati nella nostra galassia per lunghe distanze, secondo uno studio della collaborazione internazionale ALICE, che ha visto un importante contributo dell’INFN, pubblicato oggi, 12 dicembre, sulla rivista Nature Physics. Prendendo in esame le interazioni tra il materiale di cui si compone l’apparato sperimentale di ALICE, uno dei quattro grandi rivelatori dell’acceleratore LHC del CERN, e l’antimateria prodotta nelle collisioni tra protoni e tra ioni pesanti, i ricercatori sono stati infatti in grado di determinare per la prima volta il tasso di assorbimento di nuclei di antielio-3 da parte della materia ordinaria. La misura mostra la scarsa interazione tra i nuclei leggeri di antimateria e la materia ordinaria della Via Lattea, fornendo importanti informazioni per la ricerca, condotta con osservatori spaziali o con palloni sonda, di quei candidati di materia oscura che decadendo potrebbero emettere nuclei di antielio-3, di antideuterio o antiprotoni, rivelabili nelle vicinanze della Terra.
L’utilizzo di rivelatori spaziali, come AMS-02 (Alpha Magnetic Spectrometer) a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, esperimento frutto di una collaborazione internazionale in cui l’Italia svolge un ruolo di primo piano con l’INFN e l’ASI Agenzia Spaziale Italiana, è centrale per la comprensione di quali meccanismi fisici siano alla base della produzione di antimateria nello spazio, che potrebbe essere il risultato dell’interazione tra i raggi cosmici e il mezzo interstellare, ma anche dell’annichilazione di una ipotetica classe di particelle, di grande massa e poco interagenti, denominate WIMP (Weakly Interacting Massive Particle), di cui potrebbe essere costituita la materia oscura.
“Per verificare se le WIMP siano effettivamente la fonte di una parte dell’antimateria rivelabile grazie a esperimenti spaziali, è necessario determinare il flusso di antinuclei che ci si aspetta raggiunga la Terra, in modo tale da confrontarlo con i dati effettivamente raccolti dal rivelatore. Il flusso dipende dal tipo di sorgenti astrofisiche note che potrebbero essere responsabili dell’emissione di antimateria nella nostra galassia e dalla velocità con cui esse producono antinuclei, ma anche dall’eventuale numero di antinuclei che scompaiono a causa di annichilazione e assorbimento quando incontrano la materia”, spiega Manuel Colocci, ricercatore dell’Università di Bologna e INFN.
Al fine di migliorare le misure sul tasso di assorbimento degli antinuclei da parte della materia e di aiutare il riconoscimento di eventuali segnali di materia oscura, può risultare decisivo l’apporto delle indagini condotte mediante l’utilizzo di acceleratori come LHC, vere e proprie fabbriche in cui l’antimateria, prodotta nelle collisioni ad alta energia tra particelle, entra in contatto con i materiali di cui sono composti i rivelatori come ALICE. Una situazione analoga all’interazione tra gli antinuclei di origine spaziale e la materia in cui questi si imbattono nel loro viaggio nella nostra galassia.
“ALICE ci ha fornito il contesto ideale per tracciare i nuclei di antielio-3 generati a seguito dalla collisione tra ioni pesanti e tra protoni, e di identificare con precisione la loro eventuale scomparsa a seguito dell’interazione con le componenti del rivelatore”, spiega Pavel Larionov, ricercatore dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN e CERN.
Attraverso l’utilizzo dei dati così ottenuti e di un programma in grado di simulare la distribuzione di particelle nelle galassie, i ricercatori di ALICE hanno perciò potuto stimare le trasparenze della Via Lattea rispetto ai nuclei di antielio-3, ovvero la capacità della nostra galassia di lasciar passare questi antinuclei senza che vengano assorbiti, sulla base di due diversi modelli astrofisici che descrivono le possibili sorgenti di antimateria, mostrando come in entrambi i casi i nuclei di antielio-3 siano in grado di percorrere indisturbati lunghe distanze, di diverse migliaia di anni luce.
“Mentre uno dei modelli impiegati ipotizza come sorgente degli antinuclei l’interazione tra raggi cosmici e mezzo interstellare, - spiega Andrea Dainese, coordinatore della fisica di ALICE e ricercatore della sezione INFN di Padova - il secondo, che prevede l’esistenza delle WIMP, imputa al decadimento di questi candidati di materia oscura la produzione dell’antielio-3. In entrambi gli scenari i nostri risultati evidenziano una elevata trasparenza della Via Lattea rispetto agli antinuclei leggeri, tra il 25% e il 90%, a secondo dell’energia dell’antinucleo, nel primo, e di circa il 50% nel secondo, dimostrando come anche i nuclei di antielio-3 provenienti dal centro della nostra galassia potrebbero raggiungere la Terra”.
“Oltre a fornire informazioni preziose per comprendere la natura dei flussi di antimateria spaziale che raggiungono le vicinanze della Terra, la misura fornisce prove a favore della validità delle ricerche sulla materia oscura condotte mediante lo studio dei nuclei leggeri di antimateria. Un risultato a cui l’INFN ha contribuito in larga misura, nello specifico con ricercatori di Bologna e dei Laboratori Nazionali di Frascati, e più in generale attraverso un’ampia partecipazione ai gruppi di lavoro sulla produzione di nuclei e antinuclei leggeri da parte di ricercatori di diverse sedi INFN della collaborazione ALICE”, conclude Massimo Masera, responsabile nazionale di ALICE per l’INFN.