Risultati positivi arrivano dalla sperimentazione su cellule dell’impiego in protonterapia del boro. La sperimentazione, condotta da un team internazionale di ricercatori dei Laboratori Nazionali del Sud (LNS) dell’INFN di Catania, dall'Istituto ELI-Beamlines di Praga (Repubblica Ceca), dalla Sezione INFN di Napoli, dal Centro Nazionale TIFPA dell’INFN di Trento, sembra dimostrare, per la prima volta, che la reazione di fusione tra protone e boro 11 (p+11B) può essere efficacemente realizzata in cellule tumorali, e potenzialmente adoperata nella cura dei tumori con fasci di protoni (protonterapia), per aumentare l’efficacia biologica dei “proiettili” (i protoni) utilizzati per “bombardare” e distruggere le cellule tumorali.
“La misura di questo effetto ha un valore clinico e scientifico e potrebbe consentire l'ampliamento delle attuali metodiche adroterapiche, anche con un’importate ricaduta sociale”, sottolinea Pablo Cirrone, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN che ha guidato lo studio pubblicato su Nature. “Il risultato è maturato nell’ambito di una stretta collaborazione internazionale con l'Istituto ELI-Beamlines di Praga, un partner scientifico con cui da anni collaboriamo nel settore delle applicazioni mediche di fasci di particelle accelerate”.
La metodica sperimentata, che è stata chiamata PBCT (Proton Boron Capture Therapy), prevede che molecole contenenti nuclei di 11B siano somministrate all’interno della massa tumorale, che viene poi bombardata con un fascio di protoni. I protoni interagiscono quindi con i nuclei di 11B producendo, con una probabilità molto elevata, tre particelle alfa di bassa energia (circa 4 MeV). Le particelle alfa così emesse, arrestandosi immediatamente, rilasciano tutta la loro energia all'interno della singola cellula causando un enorme danno biologico, che va a sommarsi a quello già prodotto dai protoni incidenti. La presenza della sostanza contenente i nuclei di 11B assorbita dalle cellule tumorali ha mostrato un incremento fino al 30% nell’efficacia biologica della mortalità cellulare. La ricerca si basa sull’irraggiamento di varie cellule tumorali in diverse condizioni nel corso dei due anni di intensa attività sperimentale che si è svolta ai Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN. Gli aspetti radiobiologici, inerenti sia la misura sperimentale che la sua analisi, sono stati implementati e interamente guidati da Lorenzo Manti ricercatore della Sezione INFN di Napoli.
“La fusione protone-boro è un argomento che a Praga da parecchi anni stiamo studiando sperimentalmente utilizzando acceleratori laser”, spiega Daniele Margarone ricercatore dell’ELI-Beamlines di Praga. “La collaborazione scientifica con l’INFN ha permesso di avvicinarci al campo clinico, fortemente consolidato ai LNS di Catania, grazie all’utilizzo di acceleratori convenzionali: questa sinergia ha consentito di raggiungere l’interessante risultato”, conclude Margarone.
L’approccio proposto permetterebbe di associare alle già notevoli e uniche caratteristiche balistiche tipiche di un trattamento di protonterapia maggiori effetti, in termini radiobiologici, dell’irraggiamento, e quindi potenzialmente di trattare anche tumori estremamente radioresistenti, come i gliomi e i tumori pancreatici, con una maggiore efficacia dei soli protoni.
Nell'immagine la sala di trattamento di Catana ai Laboratori Nazionali del Sud dell'INFN a Catania