La rivista Nature Genetics pubblica oggi, 20 maggio, un importante risultato ottenuto da un team di ricerca italiano che ha studiato le cause delle alterazioni geniche più frequenti per lo sviluppo del cancro, chiamate “traslocazioni cromosomiche”. Il team ha scoperto che il danno al DNA tende ad avvenire all’interno di specifici geni, e in momenti precisi della loro attività, che possono essere individuati con un buon livello di accuratezza. Non tutti i geni soggetti a rottura, però, inducono mutazioni legate al cancro, come le traslocazioni, ma tipicamente quelli che entrano più spesso in contatto fisico tra loro all’interno della struttura 3D dei cromosomi.
Lo studio, guidato da un team di ricerca dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università di Milano ha coinvolto anche fisici dell’INFN che hanno sviluppato innovativi modelli statistici basati su dati di nuove tecnologie, come le cosiddette tecniche Hi-C che consentono di misurare la probabilità di contatto fisico tra coppie di siti di DNA, per tutte le possibili coppie. Questi modelli sono stati impiegati nell’analisi dati per comprendere i meccanismi molecolari che legano l’insorgere delle traslocazioni all’architettura tridimensionale del nostro genoma, cioè al modo in cui si organizza nello spazio il nostro DNA.
I cromosomi hanno, infatti, una complessa organizzazione 3D nel nucleo cellulare, che serve per il corretto adempimento delle funzionali vitali. Il modo in cui i cromosomi si ripiegano in 3D rimane però in gran parte sconosciuto; in particolare, non è chiaro in che modo le mutazioni legate alle malattie (ad es. riarrangiamenti del DNA come inversioni o traslocazioni) modifichino l'architettura dei cromosomi influenzando così la regolazione genica.
“Comprendere la natura della conformazione spaziale dei nostri cromosomi e i meccanismi di auto-organizzazione del sistema significa individuare una delle chiavi per capire come è controllata l’attività dei geni e quindi il funzionamento stesso della vita”, commenta Mario Nicodemi, Professore all’Università di Napoli Federico II e associato INFN. “Il DNA è un polimero e per questa ragione le tecniche della fisica teorica e della meccanica statistica si sono rivelate essenziali in questo campo”, conclude Nicodemi.