La collaborazione scientifica internazionale che conduce l’esperimento CUORE (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events) ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha reso pubblici gli ultimi risultati sperimentali, che rappresentano più di due anni di presa dati, da aprile 2017 a luglio 2019. Questo nuovo studio, che corrisponde a un incremento significativo dei dati raccolti, rispetto a quelli pubblicati nell’ottobre 2017, fornisce un limite ancora più stringente sull’esistenza di un processo rarissimo, che proverebbe che il neutrino è una particella di Majorana, coincide cioè con la sua antiparticella. Questa singolare proprietà è di fondamentale importanza in quanto permette di spiegare i meccanismi alla base dei processi di creazione della materia, gli stessi che hanno caratterizzato i primi istanti della formazione dell’universo.
“Abbiamo più che quadruplicato i dati raccolti e siamo tra gli esperimenti più sensibili al mondo nella corsa alla scoperta di questo decadimento raro” sottolinea Oliviero Cremonesi, ricercatore dell’INFN di Milano Bicocca a capo della collaborazione CUORE.
L’esperimento CUORE è stato progettato per scoprire il rarissimo processo chiamato doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, teorizzato ma mai osservato, in cui non vengono creati antineutrini, al contrario di quanto previsto dalle attuali teorie. Essi, infatti, si annichilano l’un l’altro durante il decadimento, dimostrando in questo modo che il neutrino è l’antiparticella di se stesso, come il famoso fisico italiano Ettore Majorana ipotizzò nel 1937. Riuscire a osservare questo decadimento confermerebbe quindi che, nel caso del neutrino, materia e antimateria coincidono. Questo fatto avrebbe profonde implicazioni nel fornire una spiegazione dell’asimmetria tra materia e antimateria, che sappiamo caratterizzare il nostro universo, e porterebbe altresì alla comprensione della natura e delle proprietà dei neutrini, particelle molto abbondanti nell’universo ma anche molto sfuggenti. Dotati di massa piccolissima e privi di carica elettrica, i neutrini sono, infatti, capaci di attraversare per lo più indisturbati la materia, rendendo difficile la loro osservazione.
La scoperta del decadimento senza emissione di neutrini proverebbe, dunque, che il neutrino e l’antineutrino sono in realtà la stessa particella, e che differiscono solo per una proprietà, chiamata elicità, che assume per essi valori speculari. L’elicità di una particella può essere vista come l’analogo, per una persona, dell’essere destrorso o sinistrorso. Il neutrino di Majorana, allo stesso modo di una persona ambidestra, può mostrare entrambi i modi di essere.
Il rivelatore CUORE è formato da 988 cristalli cubici di un composto naturale altamente purificato, il biossido di tellurio, alloggiati in 19 strutture verticali di rame, chiamate torri. Nonostante il segnale distintivo del doppio decadimento beta senza neutrini non sia stato ancora evidenziato, i nuovi dati di CUORE forniscono un limite due volte migliore rispetto a quello precedentemente pubblicato sulla frequenza di tale processo nei nuclei di tellurio-130, contenuto nei cristalli di CUORE. Questo risultato a sua volta può essere interpretato come un margine più stretto sul valore della massa del neutrino di Majorana, che sarebbe inferiore a un decimo di elettronvolt, ovvero circa 5 milioni di volte più leggera di quella di un elettrone.
I nuovi risultati di CUORE sono stati ottenuti con l’uso di un nuovo e sofisticato algoritmo, che permette di amplificare i segnali dei rivelatori e allo stesso tempo rigettare il fastidioso rumore di fondo. L’algoritmo migliora infatti l’identificazione di segnali spuri, causati da piccoli depositi di energia nei cristalli, indotti da altri processi già noti. Questo permette di avere un’evidenza più chiara del doppio decadimento beta senza neutrini. Inoltre, il nuovo algoritmo permetterà a CUORE, con la sua massa di quasi 1 tonnellata di rivelatori, di mettersi alla ricerca di particelle di materia oscura mai osservate finora, chiamate WIMP, ovvero Weakly Interacting Massive Particles (particelle massive che interagiscono debolmente), sfruttando la caratteristica periodicità del segnale atteso.
Gli ultimi risultati di CUORE rappresentano il più grande insieme di dati mai acquisiti da un esperimento di fisica delle particelle basato su rivelatori a stato solido, che usa cristalli invece dei più comuni liquidi, per la ricerca del doppio decadimento beta. È il primo esempio di rivelatore a stato solido caratterizzato da una massa di circa una tonnellata. I rivelatori a stato solido hanno la capacità di misurare accuratamente l’energia dei decadimenti; tuttavia è molto più difficile, dal punto di vista tecnico, realizzare un rivelatore a stato solido di massa elevata, rispetto a uno basato su un liquido.
“Siamo entusiasti del nostro rivelatore che al momento funziona con un’efficienza prossima al 90%” sottolinea Carlo Bucci, ricercatore dei Laboratori del Gran Sasso, coordinatore tecnico di CUORE e responsabile italiano dell’esperimento. “Gli sforzi fatti negli ultimi due anni per ottimizzare il funzionamento del rivelatore hanno finalmente dato i loro frutti. Per riscaldare e raffreddare nuovamente il sistema sono necessari diversi mesi, dobbiamo farlo al meglio ogni volta”.
L’insieme dei cristalli di CUORE è estremamente sensibile al lieve segnale energetico previsto per il doppio decadimento beta senza neutrini. Raffreddare i rivelatori ad una temperatura leggermente inferiore a -273 °C rende l’intera schiera, che pesa circa 742 kg, sensibile all’impercettibile aumento di temperatura causato dall’interazione di una singola particella in ciascuno dei cristalli. Il tellurio-130 nei cristalli, ovvero l’elemento che può dare luogo al decadimento cercato, costituisce circa 206 kg del peso totale di CUORE.
Alla fine del programma sperimentale di CUORE, della durata di 5 anni, è prevista una variante di nuova generazione chiamata CUPID, che sostituirà i cristalli di tellurio con nuovi cristalli che saranno costituiti da un composto del molibdeno, in grado di emettere luce. Questi cristalli produrranno quindi sia segnali di calore (innalzamento di temperatura, come quelli di CUORE), sia di luce, e incrementeranno ulteriormente le prestazioni e la sensibilità dell’esperimento.
“Il decadimento teorizzato nei cristalli di CUORE è un processo di creazione di materia che ha implicazioni anche sulla comprensione del big bang, l’esplosione all’inizio del nostro universo, e potrebbe spiegare come la materia ha prevalso sull’antimateria nella sua evoluzione”, spiega Claudia Tomei, ricercatrice presso l’INFN di Roma e membro del CUORE Executive Board, “È un momento esaltante per la fisica del neutrino, grazie ai contributi di esperimenti diversi e complementari che ci aiuteranno a capire meglio le proprietà di queste particelle”, conclude Tomei.
“Sappiamo che impareremo molto, - aggiunge Cremonesi – e puntiamo a una misura definitiva.”
CUORE è supportato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) in Italia, e dal DOE’s Office of Nuclear Physics, dalla National Science Foundation, e dall’Alfred P. Sloan Foundation negli Stati Uniti. La collaborazione include circa 150 scienziati da Italia, Cina, Francia, Spagna, Stati Uniti. Berkeley Lab coordina la partecipazione americana. La collaborazione CUORE include, oltre alla Istituzioni italiane: California Polytechnic State University, San Luis Obispo, Berkeley Lab, Lawrence Livermore National Laboratory, Massachusetts Institute of Technology, University of California Berkeley, University of California Los Angeles, University of South Carolina, Virginia Polytechnic Institute e State University, e Yale University negli Stati Uniti, CEA e CNRS/IN2P3 in Francia, e Shanghai Institute of Applied Physics e Shanghai Jiao Tong University in Cina.